Il “Conventazzo” di San Pietro di Deca in Torrenova
di Giuseppe Ingrillì
Nelle campagne dell’antica terra di San Marco d’Alunzio, oggi Torrenova, da qualche tempo un sito antico attira l’attenzione di studiosi, ricercatori e appassionati di archeologia, storia e mito. Andiamo per ordine, incominciando dalle fonti che ne parlano.
Questa chiesa, che esiste presso la Marina, è cotanto antica che nel tempo dé Gentilii era chiesa dedicata alli loro Dii; ciò si prova per la lapide scritta che esiste presso la torre, nel portale dell’antico cenobio da me registrata… Poscia fu dedicata a San Pietro di cui ne ritiene il nome, ed il dominio di essa una colle rendite e tenimenti stava in podere dell’Arciviscovo di Messina. Ma nell’anno 1131 Ugone Aricivescovo di Messina la concesse con l’altre chiese all’archimandrita del gran monastero del Santissimo Salvatore di Messina, cioè al primo abbate di detto monastero unitamente colla chiesa de San Felice in San Marco, quale chiesa non ho potuto cavare dove sia stata.
Così Antonino Meli nella sua opera “Istoria Antica e moderna della città di S. Marco” descriveva la contrada di Deca della Marina di San Marco, ove riportava essere allocati il “molino di Deca” e “San Pietro di Deca e la sua abbazia”.
Oggi detto territorio appartiene alla città di Torrenova un tempo frazione di San Marco. Il Salinas, attratto dalle notizie della particolare conformazione architettonica e dal misterico fascino che il battistero emana, così lo descrive:
Sorge questa fabbrica vicino alla marina di San Marco, presso il torrente Panà in proprietà del signor Cupane… L’edificio circolare internamente ha il diametro di metri 6,47, esternamente ha pianta poligonale ed è coperto da una cupola ora protetta da tegole. Si entra adesso da un arco depresso a sud-est, ma accanto, a sinistra, si trova un’altra porta con arco tompagnata. nell’interno si notano in giro otto nicchie semicircolari, le due accanto all’ingresso più piccole, di mt. 1,14 di diametro, le altre variano da mt. 1,30 a mt. 1,63 e così variano pure i pilastri che le separano. Le nicchie più grandi sono alte mt. 2,47 circa dal suolo presente… Una cornice di un semplice filare di pietra sporgente s’imposta sotto dalla cupola a mt. 0,92 circa al di sopra delle nicchie grandi.
A miglior organizzazione planimetrica il Salinas allegò il rilievo con la planimetria del battistero. Per giusta cronologia delle attenzioni del mondo accademico riportiamo il preziosissimo lavoro del Prof. C. Filangeri “Monasteri Basiliani di Sicilia”, che per primo completa la ricognizione con rilevi e riporta in pianta, prospetto e sezione l’organizzazione architettonica di San Pietro di Deca, così commentandolo:
Questo singolare edificio che sorge nella Marina di San Marco, presso Torrenova, offre più dubbi che certezze circa la sua identità architettonica. L’impianto, che sembra regolare, tradisce parecchie incongruenze costruttive principalmente fra la parte più interna coperta da una calotta regolare emisferica ed il perimetro esterno. I lati dell’ottagono infatti sembrano far parte di una sorta di muro aggiunto che fodera la struttura centrica apparentemente preesistita. Ciò che male spiega la presenza delle otto nicchie, irregolari fra loro ed assolutamente incompatibili con le bifore ricorrenti sui lati dell’ottagono. In tal senso, ribaltando il problema, e cioé ipotizzando l’ottagono preesistito alla costruzione della volta, non si giustifica l’irregolarità del tracciato del poligono che, per costruzione, dovrebbe essere stato iscritto entro una circonferenza. Tuttavia, poiché la struttura nell’insieme presenta i segni di svariati rimaneggiamenti, la soluzione dell’arduo problema potrebbe venire dai saggi nelle murature e da indagini archeologiche negli immediati dintorni. Nell’insieme l’edificio sembra avere uno schema consueto in età tardoantica e ricorrentemente impiegato in chiese e battisteri di cultura bizantina.
Come si legge il Professore, aveva compreso che la struttura architettonica aveva subito nel corso degli anni numerosi rimaneggiamenti, che ne attestavano la vetustà e la complessità della lettura storica e architettonica. Già poneva in essere la necessità di una comprensione anche attraverso l’indagine archeologica, per meglio acquisire le dinamiche evolutive. Competenze e capacità di lettura facevano di quest’analisi la base per ulteriori indagini.
Prima di arrivare a quello che effettivamente fu l’indagine archeologica, bisogna soffermarsi sulla comprensione delle forme geometriche percepite e rilevate in pianta e incomprensibili in elevato, il cerchio e l’ottagono. Chi delle due fu di prima generazione? Il cerchio o l’ottagono? Nel 1980 l’indagine archeologica non aveva ancora dato risposta al quesito ma nelle planimetrie del sito la risposta era già scritta. La creazione architettonica più antica è quella circolare, mentre il mantello pseudo ottagonale posteriore.
Dal punto di vista della documentazione storica è sempre il Meli che fornisce informazioni sul sito, notizie frammentarie ma che comunque delineano una continuità di informazioni, utili a delineare anche la conformazione dei luoghi. Nel Medioevo, riferisce il Meli, si svolgeva una fiera in occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo, ma l’incertezza delle incursione piratesche e il terrore di venire sorpresi durante una fiera, spinsero, data la vicinanza al mare, a spostarla in una zona più elevata vicino San Marco, prima del 1585. Questo sicuramente indebolì l’economia del Convento stesso. Le istituzioni delle fiere franche durante feste di santi e patroni era una conquista che creava e movimentava l’economia di un intero paese, figuriamoci di un monastero. Lo stesso Meli, afferma che attraverso la lettura di una lapide presente presso la torre e da lui riprodotta nel suo libro e successivamente portata a Palermo, la chiesa era stata preceduta da un tempio dedicato alle divinità pagane. Sulla lapide e sull’iscrizione ad oggi non è stato possibile recuperare informazioni certe dal Museo Archeologico di Palermo. La ricchezza del Convento e la sua continuità nella storia è attestata anche dalla capacità di finanziare al monaco Teofilatto Contostablina proveniente da Rodi, un messale in lingua greca, per la liturgia della chiesa, nel 1549. Il codice vaticano greco 2032, realizzato il 22 Febbraio del 1549, attestante ancora la presenza dei monaci di rito basiliano con liturgia greca. L’ultima scoperta in ordine di tempo, riguarda una moneta d’oro, un “solidus”, dell’imperatore bizantino Michele II, che regnò dall’820 all’829, vicino alla monofora esterna nel lato nord orientale del Battistero nel 1984. Grazie a questo ritrovamento, fu possibile azzardare una prima datazione, che fa risalire il monumento agli inizi del IX secolo, momento che annunzia alla storia l’arrivo della conquista araba in Sicilia.
Tutte le domande che ogni visitatore o studioso si è posto nel visitare il sito, hanno avuto risposta a partire dal 2001, quando una campagna di scavi condotta dal Prof. Kislinger dell’Istituto di Studi Bizantini e Neoellenici dell’Università di Vienna, in collaborazione con il Comune di Torrenova e la Soprintendenza di Messina, avviava una tecnologica e ragionata campagna di prospezioni con il geo-radar, che incredibilmente restituisce la cronologia insediativa. Il cosiddetto Battistero non è più solo, ma inserito all’interno di una complessa organizzazione spaziale. L’indagine archeologica, suffragata dai dati precisi, individua subito le strutture murarie di una chiesa, con orientamento ad est della parte absidata, e viene rivelato all’esterno la traccia di altri muri, non compatibili con la chiesa, e la presenza di un’ulteriore abside che si raccorda ad una chiesa più grande. Dall’altra parte della strada che oggi attraversa il sito, il geo-radar, rivela la presenza di parti di un complesso edilizio. In particolare vengono scavate una stanza con all’interno la parte basamentale di un forno, oltre a stanze contigue e il ritrovamento di materiale ceramico databile al IV-VII secolo a.C.. Nella zona delle absidi delle chiese, avviene il ritrovamento anche di monete, nello specifico un “follaro” di Ruggero II, coniato a Messina nel 1112 e il 1130, che permettono di datare la chiesa più piccola alla fine dell’ XI secolo, coeva alla ristrutturazione del monastero di San Filippo di Fragalà, da cui però non dipenderà, e un “Lodovico”, re aragonese di Sicilia datato 1342-1355. Dalla parte basamentale in muratura dell’abside è possibile riconoscere esternamente i tipici mattoni che connotano le lesene, presenti anche a San Filippo di Fragalà nell’abside esterna, segno della stessa tipologia costruttiva e realizzativa. La presenza delle due chiese è quella che stupisce più di ogni cosa, la più recente edificata alla fine dell’XI secolo ha una lunghezza di 18 metri per una larghezza di 7 metri, sul fondo della navata occidentale, vi è la presenza di una struttura che sembra essere la torre campanaria. Il pavimento della chiesa è in mattonelle esagonali, con al di sotto una pavimentazione più antica ascrivibile alla prima chiesa in mattoni quadrati. In totale sono state riportate alla luce tombe contenenti i resti di circa cinquanta individui, probabili frati della chiesa e una con i resti di un sarcofago ligneo. Era uso comune, seppellire nelle vicinanze dei muri perimetrali le salme dei frati deceduti, mentre il suolo della chiesa veniva riservato agli abati o ai benefattori che avevano conquistato il diritto ad una sepoltura onorevole. All’interno della chiesa è stata rinvenuta una “aedicula” votiva, di probabile matrice romana, che era stata riutilizzata come tabernacolo cristiano. Il grosso blocco realizzato in pietra calcare è verosimilmente proveniente dal vicino sito, dove in passato è stata ritrovata una villa romana. Attigua al coro sul lato sud, notiamo la presenza della sacrestia e di alcune elementi rivestiti da malta idraulica, che potrebbero far supporre la presenza di lavatoi purificatori per i pellegrini che dovevano recarsi in chiesa. Per quanto riguarda la presenza dell’abside della prima chiesa, essa appare, dopo aver riportato in luce i muri perimetrali, molto più grande della successiva, con un andamento, che sembra inglobare il battistero all’interno dello spazio ecclesiale o comunque avvicinarsene. La seconda chiesa più piccola, invece mostra continuità nella muratura andando ad avvolgere la struttura del battistero. L’evidenza sta nell’angolo che collide direttamente con la chiesa. E’ forse in questo momento che l’ottagono muta forma, diventando alterato per l’erosione funzionale delle chiese che lo avvolgono e lo inglobano? Quali delle due chiese ne alterano la perfetta geometria impostata nel primo intervento? Risposte che solo ulteriori scavi archeologici potranno svelare, permettendo di avanzare nella vicinanze dei muri perimetrali e di fondazioni dell’edificio.
Una cosa è certa, ad oggi l’inizio della ricerca archeologica che tendeva a dare risposte al “Conventazzo” ha proposto soluzioni diverse, non semplificando ma complicando un po’ i piani di indagine. Resta da stabilire la funzione dell’edificio ad ottagono, impropriamente chiamato battistero, certo è che ad oggi nessuna fonte battesimale è stata possibile reperire all’interno, così da connotarlo con una funzione di battistero. Ma a voler considerare la pianta geometrica e la probabile prima ubicazione esterna alla chiesa, potremmo tranquillamente considerarlo dal punto di vista formale un battistero. Vorrei ricordare che la diffusione dei battisteri avviene nel periodo romanico e gotico. Il battistero è separato dal corpo della chiesa ed è collocato generalmente al suo fianco o di fronte al prospetto principale. L’edificio in genere si presenta a pianta poligonale o circolare con una copertura a cupola e al suo interno contiene la fonte battesimale, giacché doveva permettere la parziale immersione del battesimando, secondo la tradizione rituale paleocristiana. La rappresentazione delle forme del Battistero, riveste un preciso simbolismo geometrico, la cupola e il cubo. In termini architettonici questa si traduce nel cubo sormontato dalla cupola. Intorno ad un asse di simmetria verticale si stende e materializza un modello cosmico, in cui il cielo è una sfera e la terra è un quadrato, raffigurato dal cubo. Nel nostro caso è un ottagono che completa il messaggio cosmico includendo l’elemento intermedio l’anima, completando l’universalità del tutto. La forma di transizione che simboleggia l’anima deve essere intermedia tra il cerchio e il quadrato e quindi l’ottagono. Abbiamo dato un accenno di significato simbolico che sottintende alla nostra architettura. Nelle epoche successive si preferì destinare allo scopo una cappella collocata all’interno dell’edificio principale, in genere la più vicina all’ingresso, anche in seguito alle modifiche del rito e in un certo senso è quello che accade a San Pietro di Deca, una volta inglobata la struttura nella seconda chiesa. Oggi possiamo determinare una lettura evolutiva della costruzione solo attraverso l’interpretazione delle anomalie strutturali del paramento murario. La sequenza di chiusura e aperture di finestre o degli ingressi, ci fornisce una chiave di lettura costruttiva del battistero, nonché una probabile futura completa interazione con le due chiese limitrofe. L’ indagine archeologica, dovrebbe adesso spostarsi all’interno dell’edificio, così da determinarne una più profonda indagine evolutiva architettonica più certa, come fondazione. L’equipe del Prof. Kislinger, sull’analisi della muratura esterna ha permesso di poter ricostruire, così ben sei fasi evolutive del battistero, sviluppando un modello che analizza la disposizione delle nicchie esterne e la loro alternante realizzazione, aumento o tompagnatura delle stesse.
Il suo probabile ingresso, poi chiuso per rifunzionalizzarlo con il percorso interno della chiesa, anche alla luce delle ultime scoperte, la presenza di tracce di pitture parietali nella volta (già accennate dal Meli), potrebbero connotarlo come con un Sancta Sanctorum, basiliano, che ne accresce ancor di più il valore storico del monumento. Altro elemento dell’interno è la presenza di un pavimento a mattonelle quadrate che avvicinano la realizzazione alla prima chiesa. E’ certo anche, che la finestrella esterna a nord-ovest, presenti ancora tracce di pitturazione, rendendo anche l’esterno potenziale messaggio cristiano. Potendo così ipotizzare un doppio percorso di conoscenza che parlava all’esterno la lingua di tutti e per i più dotti all’interno un percorso più ricco iconograficamente parlando e riservato a pochi. Terminiamo questo intervento elogiando, in un panorama sconfortante di abbandono da parte delle istituzioni di molti siti di interesse, l’amministrazione comunale di Torrenova, che è riuscita in pochissimo tempo ad attenzionare lo stato di grave pericolo del battistero con probabile imminente crollo, e ad organizzare un intervento di pulitura e consolidamento a proprie spese della cupola e di diserbamento e asporto del materiale accumulatosi. Intervento che ha salvato il monumento dal crollo preservandolo per le future generazioni. Il Comune di Torrenova, a lavoro completato ha richiesto l’intervento urgente dell’Assessorato regionale ai Beni Culturali, proprietario esclusivo del bene, affinché provveda a mettere in sicurezza il prezioso manufatto che risulta a serio rischio di crollo. E’ stato cosi effettuato il recupero strutturale dell’edificio del “Conventazzo” in San Pietro di Deca, con l’integrazione dei brani murari crollati e il convogliamento e deflusso delle acque meteoriche, il ripristino del funzionamento della cupola e la messa in evidenza della stessa. L’augurio e la sollecitazione che ci sentiamo di fare è quella di potere organizzare un percorso interno all’area archeologica che permetta di percorrere il perimetro dell’intero complesso, così da ammirare agevolmente anche la parte absidale, per una maggiore fruizione anche dei portatori di handicap.
Bibliografia
T. Wallace-Murphy “Il codice segreto dei Templari” Newton Company, 2006;
A. Meli “Istoria antica e moderna della città di S. Marco” Ristampa a cura Società Messinese di Storia Patria, Messina 1984;
M. Manfredi-Gigliotti “Ipotesi su San Pietro di Deca” Ed. Zuccarello 2009;
C. Filangeri “Monasteri basiliani di Sicilia” Messina 1979;
Comune di Torrenova “Atti del Convegno 2003” Ed. Mediasoft;
Comune di Torrenova “Il monachesimo basiliano nei Nebrodi” 2006;
G. Reina “Itinerari italo-greci in Sicilia. I monasteri basiliani” Marsilio 2016;
AA. VV. “Spazia architettonici cristiani”, Milano 1976.
F. Papi “Filosofia e archiettura” Ibis
A. R. Monaco “I segreti delle cattedrali” De Vecchi 2016