La Contea di Naso, la Baronia di Sinagra e i Cavalieri della Stella.
di Giuseppe Ingrillì
Che cosa leghi la Contea di Naso e la Baronia di Sinagra con l’Ordine dei Cavalieri della Stella di Messina è cosa oggi difficile da spiegare senza averne considerati i giusti rapporti storici, o aver indagato in profondità nelle dinamiche che permettono di tracciare un rapporto molto vicino con Messina.
A fare da elemento catalizzatore verso questo territorio sono le famiglie che ne hanno rivendicando nel corso dei secoli la proprietà o che ne hanno acquisiti i diritti. Analizziamo le informazioni, partendo da Sinagra e dalla potente famiglia ligure dei Ventimiglia, considerandola come vero punto di partenza per un consapevole arricchimento artistico e innescando così la competizione a ben fare nelle famiglie che le succederanno. Il loro dominio a Sinagra incomincia nel lontano 1364 e proseguirà, se si esclude il periodo che va dal 1556-1593, fino all’avvento degli Joppolo. I Ventimiglia, provenienti dalla Liguria, avevano fatto dell’apparentamento con i Normanni, motivo di vanto e di leggenda nobilitante nei confronti delle altre famiglie feudatarie di Sicilia. Il dominio su di un vasto e fertile territorio, fece di loro abili strateghi
nel presidio e nel controllo dei propri possedimenti con la costruzione di numerosi castelli e con un’organizzazione efficiente e capillare. E’ proprio da Sinagra che i Ventimiglia costituiscono quella testa di ponte, che sarà intesa come espansione dall’area madonita verso il Valdemone, con la mai velata idea di conquistare il regno di Sicilia. La loro presenza sarà punto di svolta per un consapevole buon governo, che non si limiterà al miglioramento dell’agricoltura, ma coinvolgerà i centri urbani in un rinnovamento architettonico e artistico. Tale abbellimento sarà la manifestazione del loro raggiunto potere e della loro ricchezza, divenendo così quell’espressione del buon gusto e del buon vivere preso come punto di riferimento. Nel tempo, l’alleanza e le opportunità di matrimonio fanno sì che qui i Ventimiglia si uniscano agli Joppolo provenienti da Messina.
L’informazione sulla famiglia Joppolo o Ioppolo rimandano invece ad un’origine greca, le prime notizie in Sicilia si devono ad Antonio Joppolo, che sposò nel 1406 Miuzza Paternò. Provenivano dal Regno di Napoli dove nel 1300 la famiglia compare per la prima volta con Artidoro Joppolo, che fu Capitano di Nation Greco, avendo, per servigi militari, alcune ville dategli nel 1300 dal Re Carlo II, che gli edificò anche un castello, che dal suo cognome fu chiamato Joppolo. Così da queste storiche descrizioni si ricavano le notizie dell’avvento della famiglia Joppolo nel Regno di Napoli e in seguito in quello di Sicilia, dove si sposteranno prendendo dimora nella città di Catania. Qui si concluse l’accordo che permise l’apparentamento tra Antonio Joppolo e Miuzza Paternò, figlia di Tommaso, con il pagamento di quattrocento fiorini d’oro, come da contratto matrimoniale negli atti del notaio Guglielmo Carrella di Catania, redatto il 13 agosto 1406. Da qui trae origine la genia siciliana che arriverà fino al nostro Girolamo Joppolo iscritto nella “Mastra Nobile” del Mollica nel 1590. Il padre era Domenico Joppolo che sposò Donna Giovanna Pons de Leon ed ebbero in tutto tre figli, Don Simone, Don Girolamo e Donna Cornelia. Don Girolamo Joppolo sposò Laurea Fiordiliggi Ventimiglia, Baronessa di Sinagra, figlia di Don Antonio Ventimiglia, Barone di Sinagra che fu nominato nel 1458 Gran Camerlengo. Nel 1595 si presenta l’occasione giusta per ingrandire la baronia e incamerare nuove terre con l’acquisto della Contea di Naso per 110.000 scudi, pari a 40.000 onze. La vendita fu confermata dal Tribunale Regio Palermitano il 20 aprile 1595, con contratto stipulato a Palermo davanti al notaio Arcangelo
Castania il 21 marzo 1595. La ratifica della vendita da parte di Filippo II fu invece firmata il 9 luglio 1597. Veniva così unificata la Baronia di Sinagra e la Contea di Naso in un unico territorio, facente capo al Conte Girolamo Joppolo. Questo matrimonio sancì anche che le due famiglie unissero le insegne nobiliari, sottostando così gli Joppolo alle macchinazioni dei potenti Ventimiglia, che riuscirono a mantenere e salvaguardare, oltre che ad imporre alle future discendenze il doppio cognome Joppolo-Ventimiglia, per perpetuare nella nuova casata il loro importante blasone. Tale patto venne riportato in un unico testamento, ratificato dal notaio Giovanni Pettinato il 25 ottobre 1597. Il Conte sarà ricordato come amante delle arti e del bello, di buona cultura e di fine acume strategico. Non disdegnerà, appena possibile, di utilizzare il suo patrimonio per la costruzione e l’arricchimento artistico dei suoi possedimenti. E’ ricordato per avere legato il suo nome alla rifondazione dei Cavalieri della Stella di Messina nel 1595. Questo è un primo indizio.
A questo punto è doveroso comprendere e spiegare cos’è l’Ordine della Stella e chi fu l’artefice della sua fondazione.
La fondazione dell’”Ordine Militare della Stella e di Santa Maria dell’Epifania”, viene attribuito a Giovanni I Ventimiglia nel 1421, il quale intendeva, così, rafforzare la difesa di Messina e della sua costa dalle scorrerie del Sultano Murad II. L’Ordine fu approvato da Alfonso IV il Magnanimo, amico del Ventimiglia, a cui conferì nel tempo le cariche di Gran Camerario, di Grande Ammiraglio e poi Viceré di Sicilia negli anni 1430-1432, di Governatore del Regno di Napoli nel 1435, di Viceré del Ducato di Atene nel 1442, nonché Governatore di Napoli. Per l’Ordine le prime frammentarie notizie arrivano dalla Spagna, affermando che la sua istituzione fosse ispirata all’omonimo Ordine Castigliano di obbedienza Cistercense, fondato da Alfonso il Saggio nel 1272 e integratosi con quello di Santiago nel 1282. Per amore di completezza si riporta che alcuni attribuivano la fondazione a Giovanni III Ventimiglia Marchese di Geraci e Principe di Castelbuono, nel periodo in cui ricoprì la carica di stratigoto di Messina nel 1588 o 1594. A sgomberare il campo, ci vengono in aiuto i documenti che attestano un’assegnazione del Senato Messinese di 300 scudi annui in favore dell’Ordine, nell’anno 1542. La delibera fu poi confermata dal Viceré Juan De Vega (1547-1557). Altre fonti comunque confermavano già l’antichità dell’Ordine e della sua istituzione riportandola alla predisposizione dei Ventimiglia “appartenenti e discendenti da quella sfera culturale e politica capace di commissionare e innalzare la fontana di Orione tra il 1547-1553” e quindi capaci anche di proseguire in una maniera quasi elitaria la vocazione antica degli ideali cavallereschi. Questo è rimarcato ancor di più dalla scelta della loro cappella, all’interno della chiesa di S. Domenico a Messina, che in passato era stata sede dei Cavalieri Templari e che ora in continuità apparteneva ai Cavalieri della Stella.
L’imminente pericolo ottomano, spinse ben 12.000 uomini a porsi sotto gli ordini dello stratigoto Principe di Geraci, convincendolo così della necessità di fondare una Congregazioni di Cavalieri, idea però osteggiata in un primo momento dal Conte Olivares. La nomina a “Capitano Generale del Regno” rese fattibile l’idea del Principe Ventimiglia, che sfruttando anche l’evento miracoloso di una cometa apparsa nel cielo di Messina, determinò la costituzione dell’ordine dei “Cavalieri della Stella”. A memoria dell’evento, i membri, si fregiarono di una stella smaltata d’oro sul petto, alludendo a quella dei Magi ad imitazione dell’ordine di egual nome istituito nel 1362 in Francia da Giovanni II. I vari cronisti messinesi che riportano gli accadimenti, ci informano anche sulle regole molto simili ai Gerosolimitani e di come il loro “rettore”, prendeva il nome di “Principe”, come nelle tradizioni delle Accademie neoplatoniche italiane. Al loro interno erano strutturati in gruppi di cinque elementi comprendenti un cavaliere patrizio e quattro armigeri di supporto ed arrivarono nel periodo di massima espansione a circa 500 unità. Nella composizione del cinque si leggeva la predisposizione della stella a cinque punte nella sua prima fase fondativa. Era una forza sempre in armi pronta a ogni evenienza e in grado anche di offendere con un supporto nutrito ed un’eccellente addestramento alla guerra. E’ Giuseppe Bonfiglio in “Città nobilissima” a fornirci informazioni sulla costituzione dell’Accademia, ed è il gesuita Samperi, cinquant’anni dopo, a giustificare e mascherare, nella simbolica stella, l’ambivalenza del riferimento al primigenio culto di Orione, sostituendolo con quello della stella dei Magi. La transizione è così compiuta, il simbolo è cristianizzato e messo al riparo da possibili accuse da parte dell’Inquisizione. Fatto, questo, che determinò la tradizione per cui nel giorno dell’Epifania i nuovi cavalieri festeggiassero l’apparizione della stella, simbolo e nome della loro Congregazione, con una processione in cui si portava per le vie di Messina una ricchissima bara d’argento del valore di 3.000 scudi, realizzata a spese dell’Accademia, in cui vi era una custodia in cristallo contenente la reliquia dei capelli della Beata Vergine Maria. Nel corso dell’anno nei primi diciassette giorni d’agosto una mostra cavalcata metteva in ordine i cavalieri, mentre a ottobre si svolgevano giostre e tornei. Solo chi poteva comprovare nobili origini era ammesso nell’Ordine potendosi fregiare della stella. Il coinvolgimento di esponenti della Compagnia di Gesù rimarca palesemente il diretto interesse della Congregazione nella struttura dei Cavalieri prima e nella rifondazione poi. Tralasciando la fine infausta dell’Ordine per opera del Viceré di Sicilia, come conseguenza dell’appoggio alla rivolta di Messina contro gli spagnoli, ritorniamo nel territorio che ci interessa per seguirne le tracce. E’ interessante considerare la successione di Conti che si avvicenderanno con la vendita della sola Contea di Naso da parte di Antonio Joppolo al Conte Pier Maria Cibo appartenente all’Ordine della Stella, a cui succederà nel 1620 il nobile Girolamo Cottone Cutelli conte di Bauso, anch’egli appartenente all’Ordine dei Cavalieri della Stella e con stretti legami in seno all’Ordine dei Cavalieri di Malta. Da ciò si evince come la successione dei Conti propone nobili titolati e tutti accomunati dall’appartenenza al medesimo status di Cavalieri.
Quali furono gli effetti, in maniera tangibile, per i territori governati dall’Ordine?
Nello studio o nella riscoperta dell’Ordine della Stella, suscita notevole interesse la presenza di un sodalizio segreto che prende il nome di “Accademia della Fucina”; ne fanno parte solo personalità di scienza: pittori, alchimisti, cabalisti, scultori e letterati, oltre che architetti e ingegneri: l’élite del libero pensiero della società messinese. Queste informazioni ci sono fornite in maniera criptica sempre dal Bonfiglio, che ne rivendica l’appartenenza, velata allora, ma manifesta oggi, attraverso una dedica al “Genio di Messina”. Questo rimarca ancor di più come la società messinese, fosse già in grado di assorbire quelle idee e quelle tendenze sociali che si muovevano nelle grandi corti europee. L’Accademia, che al pari dell’Ordine sembra averne seguito le sorti di fondazione e rifondazioni, è un’ autentica fucina da cui attingeranno le varie famiglie che amministreranno la Contea di Naso e Sinagra.
Oggi analizzando questa produzione e volendosi addentrare nella loro comprensione è innegabile che Naso e le sue opere si collochino in una posizione d’avanguardia, rispetto anche a Sinagra, non per mero ordine di campanilismo, ma perché proprio la successione dei Conti, ha nel tempo donato autentici momenti di competizione, mentre a Sinagra l’ininterrotta presenza della famiglia Joppolo, dopo la morte del Girolamo, non ha saputo raggiungere quella corsa ad edificare e abbellire. Tutto questo anche in considerazione degli accadimenti nefasti delle alluvioni del 1827 e 1836, che a Sinagra hanno letteralmente cancellato le quattro chiese presenti, più la parte bassa dell’abitato. Eventi che hanno sottratto preziose testimonianze di vitalità artistica e che ci consegnano oggi solo brandelli, conservando visibile testimonianza nel trittico gagginiano della chiesa Madre, come opera di maggior valore. Non possiamo però trascurare il grande contributo che i Ventimiglia fornirono, permettendo l’arrivo dell’Ordine dei Carmelitani già nel 1450, né il loro impegno a costruire e riadattare il Castello e la chiesa Madre. Oggi sappiamo quale sia l’importante bagaglio di conoscenza dell’ordine dei Carmelitani e il loro rapporto con il culto mariano e lo strettissimo legame con i Cavalieri Templari. Furono sempre loro che permisero attraverso la fondazione di un convento fuori Messina la diffusione del culto della Madonna di Trapani in provincia. Stesso culto che vedrà nel 1598, il miracoloso ritrovamento di una piccola statua, che rimanda alla composizione stilistica della Madonna di Trapani, a Capo d’Orlando. In continuità a Naso il Ventimiglia promosse la Compagnia dei Bianchi e deliberò la richiesta di una scuola Gesuitica per avvantaggiare l’istruzione dei giovani nasitani, senza però riuscirvi.
Lo Joppolo, contribuì nel territorio di Naso ad edificare la chiesa di Maria SS. di Capo d’Orlando, attraverso la committenza a maestri capaci, che interpretavano il linguaggio architettonico manieristico di michelangiolesca memoria, dosando nell’essenzialità delle forme e del luogo, la voglia non di innalzare, ma di costruire in bello stile. Messaggio aarchitettonico che proviene da Messina, dove lo Joppolo continuava a mantenere proficui rapporti con l’Accademia e con l’Arcivescovo Velardi della Conca, riferimento religioso di parte della Contea. A Messina operavano personalità importanti e influenti come Jacopo del Duca, allievo a Roma di Michelangelo, diventato ingegnere capo sul finire del 1500 a Messina.
L’avvento, in successione al Conte Joppolo, di Pier Mario Cibo, Cavaliere della Stella, a Naso nel 1612 rinnova la necessità di operare nel bene della contea e dei suoi abitanti, migliorando e favorendo al contempo le sistemazioni di strade e dell’importante piazza Filippo, in conseguenza del disastroso terremoto, impegnandosi a più riprese anche nel consolidamento dei ruinati castelli di Naso e Capo d’Orlando; altri interventi riguarderanno la sistemazione nello scaro di Capo d’Orlando per meglio favorire l’approdo dei navigli. Il loro impegno non mancherà in favore della sistemazione dell’importante chiesa di
S. Pietro dei Latini e anche nel volere, alla morte del Conte Cibo, una splendida sepoltura nella chiesa di S. Maria del Gesù di fronte al sarcofago di Artale Cardona con il coinvolgimento di stili e maestranze messinesi. Nel 1620 l’unica figlia Flavia sposerà il Conte Girolamo Cottone Cutrelli, anch’esso Cavaliere della Stella. La sua influenza, unita alla volontà della moglie, determinerà l’arrivo a Naso dell’importante “Compagnia di Gesù”, permettendo l’istruzione nelle arti e nelle lettere dei giovani nobili di tutto il comprensorio. Altresì il Cottone nel voler lasciare un’impronta tangibile nell’arte e nell’architettura, commissionò lavori di miglioramento e abbellimento nella chiesa di Capo d’Orlando e al castello, con la costruzione del tetto ligneo e della sagrestia, affermando la sua volontà di committenza con la collocazione al centro della composizione dello stemma di famiglia.
In esso la lettura simbolica è posta sotto la mistica mariana: una volta stellata fa da tetto alla casa della Madonna, ponendola a Signora del firmamento, ma la composizione è ancor più arricchita dal messaggio della “rosa mistica” posto al centro di una geometria sacra che incanala a messaggi ancor più complessi e segreti coinvolgendo sublimi rimandi a correnti gnostiche appena rivelate. Le croci discoidi trilobate, presenti come riempimento di un vuoto, in realtà sono al centro di una croce greca che rimanda a velate esperienze di Ordini soppressi (Templari) mascherate nella complessità della composizione. Al centro del soffitto è posto il blasone del committente a voler rimarcare la volontà artistica del fare. Tutto il tappeto scenografico è di grande impatto e fattura. L’opera come a Naso, si avvarrà delle necessarie consulenze teologiche e della competenza di maestri d’ascia e intagliatori, capaci di codificare e realizzare artisticamente un linguaggio mariano comprensibile solo attraverso l’interpretazione dei simboli a cui essi rimandano. Ma solo con la realizzazione nella chiesa di San Pietro dei Latini della “Cappella del Rosario” si raggiungerà la perfetta linearità del linguaggi teologici, il culmine di quella splendida età artistica che interesserà Naso. La competizione prosegue anche nel campo della pittura, con la diretta committenza di alcuni lavori a Gaspare Camarda. Il pittore, che tanto apprezzamento aveva avuto nell’Accademia della fucina con la commissione della tela di “Santa Caterina svenuta nelle braccia del Signore” nella chiesa di S. Domenico in Messina, sede d’investitura dei Cavalieri della Stella, viene coinvolto nel biennio 1626-1627, per la realizzazione del “S. Girolamo leggente”, che viene collocato nella chiesa del SS. Salvatore e che sublima una pittura stilistica di notevole rottura rispetto al passato, importando quegli elementi che pongono ancora una volta Naso in una posizione di prestigio artistico rispetto al comprensorio. Il mascherato significato, non lascia dubbi sulle nuove tendenze che portano a Naso lo svolgimento di una pittura di livello e una committenza capace di sviluppare un messaggio complesso. Lo si accompagna anche alla tela di “S. Giovanni di Dio”, conservata nell’ospedale della Compagnia dei Bianchi, ma con probabile realizzazione al di fuori di Naso.
L’opera di Gaspare Camarda è presente anche nella chiesa di Maria SS. di Capo d’Orlando con la realizzazione di altre tre tele, di qualità non avvicinabili però a quelle di Naso. Con il ritorno a Naso nel 1661 della famiglia Joppolo, vi è di contro l’abbandono della Compagnia di Gesù, che alla morte di Flavia Cibo, ritiene non più conveniente rimanere in loco. Questa grave perdita viene solo in parte compensata dalle capacità degli altri ordini che ancora permangono a Naso con la realizzazione della “Cripta di S. Cono” nel 1667. Non sappiamo dove si origina tale idea o linguaggio che sottintende all’opera, ma è sicuro che non si raggiungeranno gli stessi risultati della “Cappella del Rosario”, apparendo il linguaggio, oggi, poco leggibile o interpretabile. L’operazione sembra più fine a se stessa, non teologica ma solo artistica. La produzione di qualità, avvenuta sotto le famiglie Cibo e Cottone, pone il ritorno del Conte Joppolo, nella scomoda posizione di dover dimostrare capacità e considerazione verso i nasitani cercando di superare in competizione i suoi predecessori. All’interno della “Cripta di S. Cono”, le iscrizioni che fanno riferimento al dominio del Conte Girolamo Joppolo Ventimiglia, fanno bella mostra, lasciando intendere un coinvolgimento nella realizzazione con fondi propri. Nel campo pittorico, al Camarda succede in continuità Giuseppe Tomasi da Tortorici (1610-1670) che a Naso assume numerose committenze. Oggi in questa produzione pittorica, con uno studio più rigoroso e attento, s’incomincia ad interpretare un messaggio più complesso. La sua formazione sembra avvenire presso il Camarda, anche se nella sua pittura si riconoscono influenze con alti e bassi di modelli caravaggeschi in assonanza con altri pittori, tanto da far protendere ad una sua frequentazione anche nella bottega del Monocolo di Racalmuto. Le opere realizzate a Naso sono tante, segno questo di una committenza capace di una scelta qualitativa di alto livello che confida nelle capacità pittoriche del Tomasi, lo stesso non avverrà nella produzione fuori Naso, dove prende il sopravvento la necessità di monetizzare l’incarico, producendo una pittura più scadente. Lo svelamento del linguaggio prende oggi avvio grazie all’interpretazione dell’Avv. Giovanna Calcerano che negli ultimi tempi ha concentrato la sua attenzione sulle complesse simbologie presenti nei suoi quadri a Naso. Questo avvalora ancor di più l’importante presenza degli ordini monastici a Naso, unita all’influenza dei Cavalieri della Stella e delle loro conoscenze “accademiche”, che hanno permesso di istruire e sviluppare un linguaggio che oggi è possibile percepire avvicinandosi alle opere più artistiche, il trittico “Cappella-tetto-cripta” che esprime l’unica volontà tesa ad abbellire e manifestare un linguaggio aureo d’”Accademia”.
Il coinvolgimento a Naso di maestranze provenienti da Palermo, non maschererà o altererà il messaggio che ha avuto fase di generazione a Naso, avendo già tutto il repertorio cristiano ragion d’essere nell’accennata presenza gesuitica. Abbandonata quest’ultimi l’esperienza nasitana, la fiammella creativa tenderà a spegnersi o ad affievolirsi. Mi piace segnalare in conclusione il profondo studio: “La cappella del Rosario e la ri-trovata identità della persona”, (https://capodorlando.org/siciliantica/la-cappella-del-rosario-la-ri-trovata-idenita-della-persona-di-g-calcerano-e-padre-pio-sirna) che grazie alle capacità interpretative dell’Avv. Giovanna Calcerano, mette in luce il messaggio emerso dalla cappella del Rosario. Nella chiave di lettura simbolica decodificata e svelata, la Cappella del Rosario, acquista quel piano di approfondimento sapienziale che ci permette oltre all’apprezzamento artistico, la comprensione teologica. Grazie a questo lavoro quel messaggio diventa oggi linguaggio universale e viene riacquistato al godimento della vista e dell’anima. Risulta così preziosa e fondamentale l’opera della Calcerano, perché ci svela un punto di partenza filologico ed esplicativo dell’intera epoca d’oro nasitana. Una cosa è certa, il messaggio originatosi in ambienti “colti” giunge ancora oggi chiaro e manifesto e dopo tanti secoli, comprensibile solo per chi possiede la giusta chiave di lettura e di conoscenza, cioè quella che apre anche le porte più segrete.
Bibliografia
Titoli Nobiliari del Regno di Sicilia
C. Incudine “Naso Illustrata”
Calcerano- Sirna “La cappella del Rosario la ri-trovata identità della persona”
Società di Storia Patria Vol. 73
Scultura, Pittura, Arti decorative a Naso dal XV al XIX secolo
Parasiliti – Omaggio a Giuseppe Tomasi pittore e alla sua scuola
AA. VV.- Naso, terra grande, ricca ed antica
AA. VV. – Sinagra e Martini, la faglia e la storia
Italiano – Caravaggio in Sicilia, l’Ultima rivoluzione
K. Rifici – Le chiese rurali nel territorio di Naso dal XVI al XIX secolo
O. Cancila “I Ventimiglia di Geraci (1258-1619)”, Quaderni Mediterranei
S. Correnti – “La Sicilia del cinquecento”, Mursia1980
M. Spadaro – “I Nebrodi nel mito e nella storia”, Edas 1993