La genesi dell’archetipo di santità a San Filippo di Fragalà.
di Giuseppe Ingrillì
C’è una vibrazione antica che il Demiurgo ha posto a dimora nel luogo che risponde al nome di San Filippo di Fragalà nelle terre di Frazzanò. Un punto di forza, connesso alla corrente tellurica del mondo, che proietta e amplifica nell’universo la sua aurea. Un’Anima Mundi che ne ha permeato i luoghi e che ha attratto nei secoli i pellegrini in cerca della forza ristoratrice che qui si sprigiona. La si avverte appena giunti sulla sommità, quando questa impercettibile corrente si trasforma in vibrazione sottile, che genera una condizione di benessere naturale, predisponendo l’anima ad un momento di pace interiore. Una sottile trasformazione alchemica che permette, socchiudendo gli occhi, di proiettarsi in una dimensione metafisica, in cui è possibile per il visitatore, cogliere e percepire l’antico andirivieni di vecchi e devoti pellegrini, ascoltarne il rumore dei passi sulle consunte pietre o percepire l’eco di antichi salmi, nel ricordo di lingue dimenticate che ascendono al cielo nella scenografica rappresentazione reale della manifesta presenza di Dio. In questo faro di cristianità si riconosce la mano dell’Uno, la volontà espressa nell’arrestare il cammino dell’anacoreta tanto da trasformare questo luogo in cassa armonica che riverbera con potenza la forza ristoratrice e benefica della preghiera verso l’Altissimo.
Tutto ciò che qui è stato creato dall’uomo è rivolto nel rendere omaggio al Dio riconosciuto, che ha trasformato questa culla di preghiera in un potente talismano di luce mistica, sostenendo con la sua presenza un territorio. Ad esso si è aggrappato quando il male, rappresentato dalle orde infedeli, ha profanato con i suoi calzari queste sacre pietre, ha subito l’affronto della privazione, ha abbassato la testa continuando a pregare, certo che alla fine avrebbe vinto la battaglia, ritornando ad essere cuore pulsante, luogo da dove la vita rinasce libera da imposizioni o da incomprensibili nenie di un Dio non manifesto. E’ nella composizione architettonica del luogo che il mistero si volge all’alchimia. La sua particolare forma geometrica, che rimanda alla croce commista o semplicemente al tau francescano, nasconde in verità una conoscenza più complessa. L’aver liquidato con semplicità l’idea dell’impronta religiosa, spinge il curioso più che lo studioso, che si affida solo al conforto della comparazione, alla comprensione più approfondita del signum in terra. Personalmente non ho mai creduto che il leggero spostamento del transetto rispetto all’abside della chiesa fosse un errore, ma, al contrario, una volontà manifesta nel voler ricreare e proiettare verso il cielo la magia alchemica della cabala e dell’ermetismo cristiano, riportando ad un livello più profondo, la volontà di realizzare il segno segreto della trasformazione, il segno alchemico che solo anni dopo verrà perseguito e riportato in tutta Europa nelle cattedrali gotiche, custodi dell’art goth, della lingua segreta, ermetica e visibile solo a chi vola alto. Nell’errore della lettura sta il non interpretare l’embrionale glifo che rappresenta in terra il crogiolo, lì dove si manifesta la trasformazione della materia, lì dove l’individuo è posto nel centro alchemico ed esposto così alle correnti che si sviluppano in San Filippo di Fragalà trasformando il volgar metallo in oro filosofale per il compimento della Grande Opera.
Fin dal IV secolo d. C., nel Val Demone, San Filippo di Fragalà ha svolto la funzione di faro religioso.
La genesi o i racconti di fondazione portano a San Calogero il taumaturgo, il santo “scuro”, il “Kalos gheros” (il bel vecchio) che come un angelo liberatore, viene inviato in Sicilia agli albori del cristianesimo, in lande ancora infestate da reminiscenze pagane, per evangelizzarne le popolazioni. La vita del santo, vissuta in completa simbiosi ascetica nell’elemento desertico, accompagnato dalla privazione, unito e sorretto solamente dal conforto della preghiera e della meditazione, è riportato alla realtà dalla missione annunciatagli dal suo Angelo custode, che lo esorta a recarsi a Roma. Lì il Papa stesso lo prega di recarsi in Sicilia per liberarla dalla presenza dei demoni in compagnia di Filippo, Onofrio e Archileone, che lo supporteranno nel compito divino. Si fermerà a Lipari come prima tappa e da lì il suo pellegrinare lo spingerà fino a Sciacca, la meta finale della sua opera.
E’ in Sicilia che, una volta toccata terra, il suo essere taumaturgo, diventa presenza in tutta l’isola; è su un’altura dominata dal monte Pagano, che Calogero riconoscerà l’impercettibile frequenza divinatoria, che arrestando il suo cammino, lo spingerà ad edificare un romitorio, prima pietra fondativa di un rifugio sicuro, riconoscibile ed identificabile nelle percorrenze strategiche verso l’interno della Sicilia, dedicandolo a San Nicolò. E questo luogo diventerà nelle balze del tempo significazione strategica, mutando il suo essere e divenendo anche l’ultimo baluardo della cristianità ad opporsi alla furia di conquista religiosa che si abbatterà sull’isola a partire dall’827 d. C..
I primi gruppi di arabi, sbarcati a Mazzara del Vallo trasformeranno, nel nome di Allah e del suo profeta Maometto, il volto della Sicilia, costringendo il clero cristiano ad operare delle scelte tese a salvare il salvabile. Nessun esercito bizantino riuscirà a soccorrerli da un destino già segnato, nessun miracolo militare sottrarrà l’isola dall’irreparabile: il Dio cristiano ha deciso! La Sicilia ed il suo clero attraverseranno il deserto religioso e patiranno la privazione dell’esercizio della fede divenendo minoranza. Il cristiano o l’ortodosso di lingua greca che ancora sopravvive nelle quiete langhe siciliane, intento a scansare le vessazioni del fisco, implacabile nel togliere e avaro nel dare, trasformerà gioco forza il proprio vivere con i nuovi conquistatori. Si incontreranno così due mondi parallelamente contrapposti, uno bizantino decadente e farraginoso e l’altro arabo, culturalmente elevato, colto, con eccellenze nel campo della medicina e dell’astronomia, della matematica e della navigazione, non ancora avvinto dall’oscurantismo di una religione che sarà nei secoli arresto per lo sviluppo dei popoli e delle terre arabe. Una tragedia religiosa, una sconfitta dolorosa, vissuta con rassegnazione, che diventerà per questi luoghi illusione di salvezza, trasformando San Filippo di Fragalà nell’ultimo rifugio e che lì concentrerà le speranze di salvezza di una intera isola in un territorio, il Val Demone, vicino ad un luogo urbano denominato Demenna.
Accade così che la necessità di porre in salvo le reliquie dei santi, base religiosa della Sicilia nell’unico Dio, unita alla necessità di conservare e tramandare, raccoglierà a San Filippo di Fragalà le preziose testimonianze. Qui, nell’ultimo lembo di terra libera, il Val Demone, che resiste alla furia infedele, nell’ultimo riparo apparentemente sicuro di un cristianesimo accerchiato in un mare di macerie fumanti (qual è il dar ‘al islam) si concentrano le speranze di non smarrirle e preservarle. San Filippo di Fragalà diventerà l’ultima capitale cristiana nell’isolato Val Demone, nell’Isola oramai araba di Sicilia.
Sono solo i fattori contingenti alla guerra di conquista araba a determinare la ricchezza del sito?
In parte sì, la presunta fondazione attribuita al Santo Calogero, “u scuro, u niuru”, ne amplifica l’importanza e lo valorizza come centro religioso di riferimento nel Val Demone risalente agli arabi, tanto da accrescerne l’importanza per il persistere, sotto la nuova religione musulmana, del cristianesimo che resistendo a violenze, torture e angherie, ne legittima il destino con l’arrivo dei Normanni. La mutazione araba è nominativa ma non sostanziale, San Filippo di Demenna o Melitirio, perderà la sua significazione territoriale per assumerne una universale, trasformandosi in Fragalà, “farag-Allah”, cioè “gioia, consolazione di Dio”, si ritroveranno così, senza perdere la funzione di luogo di preghiera cristiana le due realtà, araba e basiliana. Questa unicità, diventerà poi l’opportunità che, sopita per tanto tempo, si trasforma in rinascita a testimonianza di una libera e manifesta cristianità che è anche un ritorno alla normalità delle origini. San Filippo, si caratterizza così come vero luogo di santità e cristianità posto nella percorrenza fra Messina e Palermo.
Tornando indietro, agli albori della pressante minaccia araba, è nel monastero di Fragalà che Costantino vescovo di Lentini, lì dove aveva avuto inizio la vocazione del giovane abate, decide di far ritorno, portando con sé, per preservarle, le reliquie di tre santi molto venerati a Lentini, Sant’Alfio, Cirino e Filadelfio, unitamente ad alcune pergamene greche. A questo primo nucleo, poco prima della caduta del Val Demone, si vanno ad aggiungere le reliquie, provenienti da Sciacca, dei santi Gregorio, Demetrio e di San Calogero, insieme agli Inni, scritti in lingua greca da Sergio, che rappresentano l’agiografia di Calogero.
L’esser scelto, come luogo per accogliere le reliquie dei Santi e poi nasconderle, diventa il passaggio fondamentale per l’affermazione del complesso religioso e testimonierà il rilancio del convento con l’arrivo dei Normanni. La definitiva capitolazione del caposaldo di Demenna non trova impreparato il monastero, in quanto la totalità delle reliquie e dei preziosi manoscritti, furono nascosti in più punti del territorio, preservandole dalla distruzione. I tre santi lentinesi vengono sepolti e dimenticati sul monte vecchio di San Fratello, sino a quando la casualità, o la volontà divina, li farà ritrovare dalle popolazioni impiegate nel ripopolamento di quelle terre. Alla loro figura viene consacrato il complesso della chiesa dei Tre santi sul Monte Vecchio di San Fratello. Da scritti successivi al 1620 (Fioretti di Naso di Girolamo Lanza), apprendiamo che alcuni oggetti e preziose reliquie, vengono nascoste sotto una cisterna d’acqua, all’interno di una grotta nel complesso monastico di San Filadelfio a Capo d’Orlando. Altri, vengono murati all’interno del complesso. La qualità del reliquiario, al di là del contenuto materiale delle teche, è dato dal messaggio che Fragalà rappresenta; tutte quelle preziose testimonianze di santità sono la ricchezza stessa del monastero, che garantisce la sua esistenza economica, arricchendo il tesoro spirituale-materiale dell’abazia.
In pieno medioevo la fortuna di un centro religioso è la combinazione di più fattori: l’estensione territoriale in autonomia, l’esenzione dal pagamento delle decime, la potestas di riscossione di alcuni tributi e la capacità di attrarre pellegrini, che bisognosi di redenzione si spostano per la visita alle sacre reliquie – San Filippo di Fragalà per buona parte dalla sua rifondazione rappresenta proprio questo.
Assistiamo così ad una rinascita di fede che, con l’arrivo del Conte Ruggero e di Roberto il Guiscardo nel 1061, si realizza unitamente ad una intensa attività edificatoria nel complesso abaziale e una profusa ricchezza di contenuti e terre. Lo stimolo sarà l’abate Gregorio, egumeno del monastero, che riesce a riscuotere i favori dei nuovi regnanti elargitori di concessioni e privilegi sulle terre, grazie ad esenzioni e ampia libertà economica.
L’elenco delle reliquie, dopo avere riacquistato la libertà di culto del complesso di Fragalà, spinge a fare delle considerazioni sulla qualità di pezzi unici di figure importanti della cristianità.
Con l’avvento delle Crociate si instaurano i primi rapporti con i luoghi che fanno da sfondo alla religione cristiana, tanto che ad ogni ritorno di spedizioni più o meno fortunate, assistiamo in tutta Europa al proliferare di un vero e proprio commercio di reliquie provenienti dalla Terra Santa. Un catalogo di richieste che varia dagli oggetti venuti a contatto con la manifesta santità: il sudario che avvolse il corpo di Gesù, la lancia che trafisse il costato, la spugna imbevuta d’aceto, il Mandylion della Veronica, arrivando alla croce di Nostro Signore, ai chiodi che ne hanno trafitto le carni, alle spine della sua corona, fino alle manciate di terra provenienti dal Golgota (precisamente, dal monte Moriah) e, quindi, dal sacro suolo di Gerusalemme ed infine all’icona che tanta letteratura ha prodotto nella storia dell’uomo, il Sacro Graal.
Molti pellegrini, spinti dall’opportunità delle crociate, si recano al seguito dei gruppi armati a Gerusalemme. Tra questi, anche S. Cono da Naso, che a Fragalà aveva vissuto, vi prende parte. Non dimentichiamo che Messina e il suo porto erano un passo obbligato per recarsi o iniziare un viaggio in Terra Santa. San Filippo di Fragalà, sulla scorta dell’esperienze di pellegrinaggio che si sviluppavano in tutte le abazie d’Europa, comprese, calamitò, ampliò e arricchì il suo reliquiario con elementi di qualità, che manifestavano direttamente la presenza cristiana attraverso la santità delle reliquie tramite le quali si raggiungevano due scopi: arricchire il monastero testimoniando così la precisa volontà di essere considerati una meta di pellegrinaggio importante in Sicilia e creare un notevole movimento economico. Accanto ad una religiosità locale, sentita, vissuta e partecipata de visu, si affianca quella cristiana ufficiale, protagonista nel sentimento di vera santità manifestata e riconosciuta nella bibbia, quella che sembra impossibile da raggiungere per l’aurea di sacralità che rappresenta e che allocandola a San Filippo diventa alla portata di tutti. Non dimentichiamo che a Messina è forte la presenza della Madonna che si esprime attraverso la sua famosa lettera, inviata alla città e scritta di proprio pugno, della quale, secondo la tradizione, un passo, a devozione e ricordo è riportato all’entrata del porto zancleo (Vos et ipsam civitatem benedicimus). A testimonianza di ciò, anche l’inesperto visitatore che si approccia per la prima volta entrando nella nuova sede posta nella chiesa della Madonna dell’Annunziata, rimarrà colpito dalla ricchezza delle teche presenti e dagli elenchi che mostrano il contenuto dei cofanetti. Basti pensare che in tutta Europa a far tempo dal 1200 in poi, sono poche le chiese che possono vantare autentici tesori e molte di queste poche appartengono all’Ordine Templare, che fino al 1307 sarà il principale e più importante riferimento religioso. Ai membri dell’Ordine era riconosciuta l’autorità indiscussa nell’identificare le reliquie, distinguendo ad insindacabile giudizio le autentiche dalle false.
Il nuovo impulso religioso del centro cristiano è espresso dalla presenza nel reliquario di tre schegge in legno, che le cronache ci riferiscono provenire dalla croce della passione di Gesù, contenute all’interno di un reliquario a forma di croce in argento, che il Conte Ruggero portava alla testa delle sue truppe durante la conquista del Meridione d’Italia e dell’Isola e donate al monastero di San Filippo di Fragalà, diventando così il primo pezzo della rinnovata collezione che amplierà e qualificherà la successiva esposizione delle reliquie.
Leggendo il contenuto delle teche esposte nella chiesa dell’Annunziata, si coglie la presenza del pollice dell’evangelista S. Luca, di San Bartolomeo apostolo (santo molto venerato dai templari), di San Biagio il Terapeuta, vescovo, veneratissimo dall’Ordine del Tempio, oltre che un frammento del mantello della Vergine Maria.
Sorprende anche la presenza di reliquie appartenute a Maria Maddalena, che, oltre che rimandare al periodo Normanno e al legame diretto con Palermo nel 1130, dove, fatta edificare da Elvira di Castiglia, prima moglie di Ruggero II di Sicilia con l’intento di allocarvi le spoglie dei re normanni, esisteva già un’antica cappella dedicata a Maria Maddalena, rimanda anche ad una presenza più celata, velata e nascosta all’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo.
Il legame tra la corte Normanna e San Filippo di Fragalà si fortifica nel passaggio volontario di testimonianze, con donazioni che diffondono la presenza cristiana e che rimandano ad esperienza di preghiera vicine all’ambiente familiare della corte Normanna. E’ nella storia ecclesiologica dei nuovi liberatori che possiamo trovare una chiave interpretativa, ricordando la devozione normanna verso la madre di Dio e verso San Giorgio. Alla presenza del frammento della veste della Vergine Santa e alla sua devozione, è legata la memoria della sconfitta del 911 quando i normanni hanno la peggio nell’assedio della città di Chartres, riconoscendo nella sconfitta patita l’intervento divino in favore della città, con la reliquie della veste della Vergine portata sul campo di battaglia dai Francesi. La presenza del frammento a Fragalà sarà l’ennesimo riconoscimento normanno ad un luogo di profonda fede cristiana? E’ così che possiamo leggere la sua presenza?
E’ in questi luoghi frequentati prima da Ruggero e Roberto e poi da Adelasia del Vasto e dal piccolo Ruggero II che lega nel miracolo dell’orecchio guarito la benevolenza e la riconoscenza cristiana del luogo sulla prossima testa coronata di Sicilia e sulle attenzioni al rilancio di tutto il complesso religioso.
Si assiste così a una duplice volontà politica che, per un verso, elargisce e dona pezzi unici di santità, aggregando e favorendo le creazioni abaziali e l’altra che, per altro verso, investe nel sacro per mantenere il propria peso economico e politico.
Una raccolta di pezzi unici e importanti, che danno e forniscono l’idea di preziose testimonianze e che accendono i riflettori su di un unicum religioso e, allo stesso tempo, evidenziano un percorso che verrà poi sconfessato o dimenticato dalla chiesa. Accade per le sacre reliquie di Maria Maddalena, che vengono rappresentate nella rinominazione del contenuto, quasi che il riportarlo possa sfociare nell’eresia cristiana, ma che rimangono in Fragalà come muta e silenziosa testimonianza di un legame oramai sciolto e perso con i Normanni. Anche a Sant’Angelo di Brolo, rileviamo la stessa presenza Normanna con Ruggero, che con precisa volontà ricostruisce, ancor prima di San Filippo di Fragalà, nel 1084, l’Abbazia di San Michele Arcangelo. L’interrogativo che ora si pone riguarda la presenza del culto di Maria Maddalena e la processione ad essa dedicata che ancora oggi si svolge nelle campagne di Sant’Angelo di Brolo: è un rimando, come per San Filippo di Fragalà, all’esperienza normanna, oppure, vista anche la storia del centro, è l’eco della presenza di ordini non più graditi alla chiesa a partire dal 1307? Interrogativo che necessita di più approfondite ricerche in loco.
Ritornando a San Filippo di Fragalà, non possiamo che rimanere stupiti dal contenuto delle teche che è dettagliato, oltre che descrittivo, tanto da essere riportato nel corso delle varie visite che si susseguono, ma che diventa testimonianza quando la soppressione degli ordini monastici nel 1866 ne smembra il contenuto. Il riappropriarsene nel nuovo spazio espositivo predisposto nella chiesa dell’Annunziata a Frazzanò, evidenza le lacune e le nuove interpretazioni come per la reliquia di Maria Maddalena che diviene quella della Beata Vergine Maria. Leggiamo in questa rinominazione l’intervento della chiesa, che nonostante una descrizione precisa muta la nominazione, alimentando domande e argomentazioni esoteriche che ci riportano in ambiti di correnti gnostiche che investono nella figura ambigua vicino al messia un ruolo diverso. E allora, soffermandoci sulla figura tanto cara a Gesù per comprendere l’insita rivelazione che si trova dietro la figura della Maddalena, ci viene in aiuto nella immensa letteratura esoterica, uno dei massimi studiosi del mondo nascosto, o direi velato agli occhi dei cristiani praticanti, figlia di quel Concilio di Nicea del V secolo d.C., che decise in maniera arbitraria il corso della nuova religione, stabilendo cosa era giusto da ciò che era sbagliato.
Rudolf Steiner ci dice che “Maddalena è la prima delle Tre Marie ad annunciare la venuta della Sofia tra gli uomini, lei rappresenta le forze dell’anima senziente dell’umanità. Archetipo del sacerdozio femminile, a conoscenza del segreto iniziatico dei primi gnostici per mezzo di un bacio.
Ella è portatrice del Graal, l’anima dell’uomo che accoglie il Cristo, e delle forze del Lucifero redento, il Lucibel dei Catari. Egli, sotto forma di Colomba aleggia sopra al Graal.
Tutta la Francia occitana, fino alla Liguria, ricorda e venera Maddalena come Santa ed Eremita, al centro del mistero di Rennes-le-Chateau, compare anche nel Tarot di Marsiglia come la mediatrice. Ha attraversato il mediterraneo, portando con sé la saggezza dall’Egitto. Ella è la Madonna Nera, Iside il cui volto è il limo fertile del Nilo.
Maddalena è colei che per prima ritorna a portare la Buona Novella, la promessa della Pasqua di Resurrezione. Nella nostra Quinta Epoca Post-Atlantica significa scoprire progressivamente la coscienza che risiede nell’uomo, la Anthropos-Sophia.”
Per terminare in maniera completa ed esaustiva, oltre che per far comprendere la portata del reliquario custodito nella Chiesa dell’ Annunziata, riportiamo un elenco quasi completo, frutto di più relazioni che, a partite dalla data del 27 agosto 1634, i vari visitatori ecclesiastici compongono:
“…item nel reliquiario dove stanno le SS.me reliquie … e dentro una cassetta coperta di velluto verde dove stanno le SS.me reliquie cioe il corpo di S. Calogero il corpo di S. Adrimiti Martire il corpo di S. Gregorio Monaco, et anco la Croce quale portava per Insegna il Conte Ruggeri nello conquisto del Regno e dentro detta Croce di argento ci sono ingastati tre pezzi dei vero legno della SS.ma Croce adornata di diverse pietre pretiose bianchi rosse et torchine
Item un reliquiario d’argento seu mezzo corpo di rotula setti in circa di argento e metallo dove si conserva il Capo di S. Lorenzo glorioso monaco di questa casa
Item in detta testa si conservano la crania di S. Filippo d’Argiro
Item una bussoletta d’Avolio dentro ci sta il pollice delli Evangelista S. Luca. Item tre pezzetti delle reliquie dè corpi di Sant’Alfio, Filadelfio e Cirino
Item un’altra cassettina seu reliquiario d’argento dove si conducino alcuni reliqui quando venino li soi festi e dove anco si teneano detti reliquij diversi Santi nell’inventario notati dato olim nell’hospitale
Item un reliquiario d’argento ove sta la reliquia di S. Biaggio che si serva in q.sto loco
Item una crozza di ligno Argentata vecchissima
Item della reliquia di S. Maria Maddalena
Item la reliquia di S. Stefano prothomartyre
Item la reliquia di San Pantaleo
Item la reliquia di S. Ilicandro
Item la reliquia di S. Candido Martire
Item la reliquia di Santo Zaccaria
Item la reliquia di S. Blasio
Item la reliquia di S. Cono
Item la reliquia di S. Barbara vergine e martire
Item la reliquia di S. Vito
Item diversi altri pezzetti piccioli di diversi Santi
Item reliquie di S. Amanzio martire, S. Valerio, S. Ilario martire, S. Plinionemartire di S. Felciano martire di S. Placido martire, S. Laura Vergine e martire, S. Attanasio Vescovo, S. Rosalia Vergine Panormitana, S. Valentino martire, S. Bartolomeo Apostolo di Santa Giustina martire, tre pezzette di quartare dove Cristo Signore Nostro in Cana di Galilea convertì l’acqua in vino, un pezzo di pietra del Santo Sepolcro di Nostro Signore Gesù Cristo, un pezzo di pietra del sepolcro della Beatissima Vergine, et un pezzo di quelle pietre che si spezzarono nella morte del nostro Redentore, quali Sante reliquie si conservano incastrate dentro un scrignetto di legno foderato di rosso coperto di piastre d’argento lavorato”
Non resta che invitare il lettore a rendersi conto di persona, visitando questo tesoro artistico, facendo sentire la propria vicinanza a Frazzanò, che merita per il suo passato un futuro di nuove conoscenze.
Bibliografia
Shara Pirrotti “Il monastero di San Filippo di Fragalà (secoli XI-XV), Officina di Studi Medievali 2008
Shara Pirrotti “Il monastero di San Filippo di Fragalà (secoli XVI-XXI), Centro Studi di San Filippo di Demenna Messina 2012
Giuseppe Reina “Itinerari italo-greci in Sicilia” Marsilio 2016
Liborio Lombardo “La devozione di San Calogero Eremita”, Pungitopo 2016
Franco Ingrillì “Dal Regno di Eolo alla Contea di Ruggero” Ass. Cult. Prov. Reg. di Messina 1996
Parrocchia di San Nicolò di Bari, San Marco d’Alunzio, a cura di don Salvatore Miracola “La chiesa di San Basilio e le icone dei Santi Demenniti” ed. 2015
Salvatore Tramontana, Atti Conv. Inter. di studi, Ist. Italiano dei Castelli sez. Sicilia “Ruggero I, Serlone e l’insediamento Normanno in Sicilia” Laboratorio per l’arte e la cultura l’ambiente 2001
Salvatore Spoto “Sicilia Normanna” Newton Company editore 2017
Antonello Pettignano “Il culto dei Santi a Fragalà” Comune di Frazzanò 2000
Camillo Filangeri “Monasteri Basiliani di Sicilia” Ass. Beni Culturali e Pubbl. Istuz. Regione Sicilia
Giuseppe Bellafiore “Architettura in Sicilia nelle età islamica e normanna”, Arnaldo Lombradi Editore 1990
Rudolf Steiner “L’eterno femminino” Rudolf Steiner edizioni 2007
Salvatore Tramontana “L’isola di Allāh” Piccola Biblioteca Einaudi 2017
Helios Fulcanelli “Il mistero delle Cattedrali” Ed. Mediterranee
Tim Wallace Murphy “Il codice segreto dei Templari” ED. Newton
Pio Sirna “Archetipi bizantini ebraici e islamici nel territorio della diocesi di Patti” Armenio Editore
Pio Sirna “Orientiamenti teologico – spirituali ed economico – sociali dei Normanni Ruggero I, Adelasia e Ruggero II nel territorio della Diocesi di Patti (1061-1154)