Le Maddalene di Militello Rosmarino- Riti della settimana Santa
di Giuseppe Ingrillì
La ritualità della Settimana Santa sui Nebrodi mostra il volto di una profonda spiritualità e devozione con riti arcaici e antichi, che ancora oggi si perpetuano come tradizioni a cui legare la propria identità. Il Venerdì Santo in particolare fa da cornice sui Nebrodi ad un evento caratteristico di Militello Rosmarino, centro montano, che rende significativa la passione di Gesù attraverso un percorso processionale suggestivo. La rappresentazione del Venerdì Santo prende il nome evocativo e misterioso di “Processione delle Maddalene”, appellativo che al momento non riscontriamo in nessuna festa a noi vicina. Nella ricerca e nella comprensione del ruolo che tali figure ricoprono, abbiamo cercato di penetrarne il profondo significato, provando anche di evidenziare il suo excursus storico, con la ricerca di documentazione, sia orale che scritta.
E’ utile ricordare come centri vicini a Militello Rosmarino, abbiano sviluppato nel corso dei secoli, dei rituali consolidati, tradizioni oggi conosciute e studiate, al contrario delle figure dei Giudei e delle Maddalene che qui vi prendono parte. Figure preminenti e importanti, non di mero accompagnamento, ma di significativa funzione nel contesto della processione, che ci incuriosiscono nella loro possibile interpretazione.
Il dato che emerge da una prima indagine su informazioni di carattere orale, è che nessuno degli interpellati ha saputo fornire una storicizzazione anteriore al 1900. Questo grazie, anche, alla disponibilità di alcuni anziani che in passato hanno ricoperto ruoli attivi all’interno dei comitati organizzatori. Alla domanda precisa sull’origine della processione e del perché esse siano configurate e appellate Maddalene, rispondono che a memoria loro, è soltanto dagli inizi del 1900 che la festa si completa e configura così, al pari del racconto delle più anziane.
Emergono però in assenza di fonti orali certe, labili tracce, che potrebbero spingere ad una interpretazione o fornirci una chiave di lettura nascosta, celata in alcuni documenti. Il primo dei quali, porta la data del 10 Giugno 1757 e racconta di una Congregazione, composta da sole donne, chiamata “Congregazione dei sette Dolori di Maria”. Notizia questa, che conferma e rende Militello Rosmarino antesignano nel panorama delle Confraternite, perché di questo parliamo, considerato che non se ne riscontrano altre al momento sul territorio nebroideo così composte.
Il secondo documento è il diario di Don Paolo Brigneli, che riporta la data del 9 Aprile 1904, che così riferisce a proposito della preparazione dei riti a Militello Rosmarino: «…Durante il giorno di Venerdì Santo si effettuavano molte altre processioni, precedute dalla Croce sulla quale erano disposti tutti gli strumenti che servirono alla Crocifissione. Molta gente seguiva con corone di penitenza in capo e con cordoni al collo. Alcune confraternite si battevano con discipline metalliche. La processione procedeva lentissima, prendevano parte sacerdoti spogli di paramenti e, durante il percorso si cantavano inni di pentimento. Verso le ore 21 dell’orario antico, che corrispondeva a tre ore prima dell’imbrunire, dalla Chiesa Madre partiva la processione del Crocifisso, seguita dall’Addolorata, portati a spalla da uomini vestiti con un sajo turchino e coronati con corde di rovi e liane. I tamburi, coperti con un drappo nero, rullavano a lutto. Quando la processione giunge in piazza, il gruppo è sistemato su cavalletti di legno. Indi un sacerdote sale sul basamento delle statue, si colloca in mezzo ad esse e fa la predica della Crocifissione. Dopo di ciò la processione segue l’itinerario classico della strada della Madonna ed al rientro in chiesa c’è un’altra predica…. Se la festa di San Biagio è la più sfarzosa e solenne, le ricorrenze della Settimana Santa sono le più suggestive, ed è un vero peccato che per la mancanza delle antiche chiese e per la penuria di sacerdoti le funzioni vadano man mano riducendosi di ampiezza e di colorito, perché queste erano le vere feste locali, in quanto effettuate da soli paesani che accorrevano in massa», così conclude. Quindi a ben leggere è considerata certa la presenza dei giudei, nel ruolo ben definito di portatori della vara, è menzionata la presenza di altre confraternite con “discipline metalliche”, mentre delle Maddalene nessuna traccia o notizia. L’esistenza della Congregazione delle donne è attestata almeno fino al 1915, anno in cui la stessa veniva riconfermata per poi non averne più notizie. Ad esse si deve la commissione della statua dell’Addolorata, attribuita alla bottega del Bagnasco, e sempre al culto è legato un canto popolare che qui riportiamo:
Jo sempri preju la buntà nfinita
San Giuseppi, Maria e l’Addilurata,
jo sempri preju l’anciulu rumita
chi di lu cielu m’insignò la strata.
Uora non fazzu chiu pessima vita
Forsi chi l’arma mia ièni dannata.
Sintiti cristiani tutti uniti
Lu gran chiantu chi fa l’arma dannata:
(inizio della polifonia)
Chianciu chi non mi sappi apprufittari
Tanti rivordi di priricatura
Jo giusta non mi sappi cunfissari
Ma mi pinteva na vota cu duluri.
Iddu mi rissi: “figghia non l’è
Fari”. Ri quannu m’assurvivu lu cunfissuri
E jo fui tosta e non l uvosi ascutari
E ora mi trovu n’ta tanti caluri.
La caluri sunu assai e non su pochi
Unni è lu locu miu èni l’infernu.
Da fazzu li me spassi e li me jochi.
Tuttu ddu tempu chi jo stesi nernu
Chi ma giuvatu a mia lu gran riposu?
Mi ha cunnanutu lu nostru Diu supremu!
Il terzo elemento che potrebbe connotare la festa delle Maddalene, si ritrova all’interno della chiesa Madre di S. Biagio, nell’altare dedicato al SS. Crocifisso. E’ comunemente appellato come l’affresco dei “dolenti ai piedi di Cristo”. Abbiamo svariate testimonianze riportate in atti e documenti custoditi in archivio, in cui la cappella è citata, a partire dal testamento di Don Francesco Giambruno del 29 agosto 1659, alla quale legava onze 40 per la “fabrica”. La successione stessa dei documenti nel corso del tempo rispettivamente nel 1744, nel 1757, con donazioni, committenze di lavori eseguiti, lasciti, fino ad arrivare al 1802, pone l’attenzione sulla cura e sulla devozione verso quest’altare. Nella cappella, come logica vuole, è importante la presenza del crocifisso ligneo del seicento, conteso fra l’attribuzione alla bottega di Fra Umile da Petralia oppure alla bottega del Li Volsi. La composizione mostra in un’unione di due pezzi il Cristo e la croce, provenienti da due diversi apparati. A fare da sfondo, il summenzionato affresco, interessante per alcuni elementi presenti che ne accrescono il messaggio in base ad un simbolismo. Tra gli elementi è presente la classica iconografia cristiana del Sole a destra e della Luna a sinistra del Cristo in croce. Vari livelli di simbolismo pongono il Sole come la casa di San Michele Arcangelo, mentre la Luna dell’Arcangelo Gabriele. Il Sole rappresenta il sacerdozio e la Luna, l’Impero, che segna la superiorità del primo rispetto al secondo. In termini più semplicistici, il Sole è la parte preminente maschile, mentre la Luna è la parte femminile. Uno irradia la luce, elemento attivo, l’altra la riceve e la riflette, divenendo l’elemento passivo. In questo caso la presenza del Sole, anche se con volto umano, crea una scala interpretativa che affonda le radici nel simbolismo biblico tratto del passo in cui alla morte in croce di Gesù, tutto divenne buio e fu mezzanotte. La presenza della Luna starebbe anche a significare la notte e quindi la morte. La presenza del Sole con i suoi raggi che squarcia le nubi, rompendone l’atmosfera tetra, rappresenta così la speranza e la certezza che anche nell’ora più buia, la fede in Dio non ti abbandona rischiarandoti la via.
I personaggi che compaiono all’interno della composizione iconografica sono articolati attraverso la disposizione a destra della Maddalena dai lunghi capelli biondi con alle spalle S. Giovanni Evangelista, riconoscibile dal colore delle vesti in quanto il viso risulta danneggiato. Interessante notare il particolare della Maddalena con i capelli biondi o color oro. L’implicito riferimento in senso sottinteso alla sua santità, o al suo aspetto regale, viene qui sottolineato dal colore dei capelli. Nell’oro si rivede la figura del Sole astro principale nel culto “solare” del cristianesimo, raffigurato nelle aureole dietro i Santi. Disco di luce, ma che si riferisce al Sole, in senso nascosto, che è anche cristianizzato in spirito santo o santità di luce. In questo caso non vi è la presenza del disco solare dietro il capo della Maddalena, perché la chiesa in un primo momento non ne riconosce la santità, e quindi il pittore ne connota la sua regalità, riconosciuta e nascosta, celandola dietro il colore biondo. Sottolineiamo che la Madonna, per esempio non ha i capelli biondi, quindi la distinzione fra le due figure è netta. La Madonna in fase speculare, si trova seduta su di un sasso, il Golgota, che qui rappresenta la materialità della vita, la sua essenza terrena e la sua sofferenza da essere vivente non ancora pronta alla santità, sostenuta e consolata da un’altra donna. L’affresco è stata pesantemente menomato con la creazione di una nicchia al centro dell’affresco, per contenere la statua della Madonna finanziata dalla Congregazione. La sua posa, la pone seduta su una pietra, al pari dell’affresco, con la corona di spine in mano e tre chiodi argentei. La statua già viene citata in una visita del Mons. Nicolò Gatto nel 1824. La composizione assume così un notevole movimento, avendo doppia livello di profondità, il primo affrescato e il secondo con la croce e la Madonna in rilievo.
Può essere questo affresco il momento generatore della festa a partire dai primi anni del 1900, quando la prima emigrazione, la guerra poi, dimezzano la popolazione e quindi anche le Confraternite? E da questo momento che per colmare il vuoto e non perdere la tradizione, vengono codificate e fanno il loro ingresso le Maddalene?
Non sono giunte risposte dagli interpellati, cercheremo quindi di apprezzare e considerare lo svolgimento e la ritualità della suggestiva processione.
Abbiamo appresso che le Maddalene sono sempre ragazze di Militello Rosmarino, che sono scelte fra le giovani, perché ad esse si richiede la purezza e la castità e che la loro identità è tenuta segreta. Il costume viene loro assegnato in segreto da una donna che ha già ricoperto il ruolo di Maddalena. Ragion per cui lo stesso abito viene tramandato e contribuisce a perpetuare la tradizione creando un legame con le nuove generazioni. Sono tutte ammantate di nero, il capo coperto da uno scialle nero, con in testa una corona di spine. A completare l’abbigliamento un crocifisso d’argento posizionato vicino al viso, mezzo nascosto. Le Maddalene una volta pronte si incamminano una dietro l’altra verso la chiesa Madre, dove una volta arrivate fanno un piccolo inchino ed entrano. Saranno loro a dare inizio alla celebrazione. Qui il crocifisso, che intanto è stato sceso dall’affresco e posizionato sulla vara, le attende per essere accompagnato nella processione. Le quattro si posizionano agli angoli della vara, con un cordone che li pone in continuità con il crocifisso. Durante la marcia, non parlano, non recitano nessuna nenia o preghiera, nessuna invocazione, sono lì presenza silenziosa ma materiale. Professano una spiritualità celata, singolare e soggettiva. Gli otto giudei a capo scoperto reggono il fercolo, qui il loro compito è di portare la vara in processione e nulla più. Nel numero otto si legge il simbolismo della rappresentazione dell’ottavo giorno della settimana, cioè il nuovo giorno, in cui inizia l’era del Cristo, dopo i sei giorni della creazione e dopo il settimo, la Domenica, l’ottavo annuncia l’eternità, la resurrezione di Cristo e quella dell’uomo. Dietro di loro la banda e i tamburi con un drappo nero che rullano a lutto, con il portatore di un gonfalone che ritrae il cuore di Gesù trafitto da sette spade. Forse è questo il gonfalone della Congregazione dei sette dolori di Maria? L’impressione che si trae dal contesto del rito del Venerdì Santo è quello di una suggestione, di una festa carica di significato ed allo stesso tempo emozionante all’apparire della quattro figure ammantate di nero. Si rappresenta la perfetta commistione, antropologicamente ben bilanciata, e profonda nel significato delle Maddalene. Ancor di più rivalutata nella sua peculiare trasposizione. Il richiamo e la tentazione di azzardare ipotesi interpretative sul ruolo della Maddalena è forte. Il rituale segue il canovaccio delle feste della settimana santa, impreziosite però nella variante tutta di Militello Rosmarino, nel dare alla donna il ruolo da protagonista, mantenendo l’equilibrio cristiano della crocifissione, in un gioco suggestivo dei ruoli interpretativi. La corona di spine, supplizio destinato solo a Gesù, qui viene portata da loro, in una simbiosi strana, azzardata, quasi blasfema, che ne interpreta e partecipa la stessa sofferenza. La corda che le collega alla croce, rappresenta lo stesso legame di sofferenza con l’uomo sulla croce e ristabilisce nella figura della donna pari peso, pari capacità nel sopportare il supplizio umano. La donna qui esaltata nel ruolo della Maddalena è vestita a lutto al pari della Madonna con cui condivide il pianto e la sofferenza per la perdita dell’amato caro.
Bibliografia
V. Buda- D. Rigaglia- G. Cicirello “L’affresco con i dolenti ai piedi della croce, restauro e ricerche” di Nicolò Edizioni 2016;
G. Jossa “Il Cristianesimo antico” N.I.S.1997;
R. Guènon “Il simbolismo della croce” Adelphi 2012;
R. Guènon “Simboli della scienza sacra” Gli Adelphi 2016.