LO SPORT ORLANDINO – DALLA SPIAGGIA DELL’ARENELLA AL PARQUET DEL PALAFANTOZZI (1925-2011)
di Franco Perdichizzi
Per una cittadina giovane come Capo d’Orlando, nata amministrativamente nel 1925, non è difficile percorrere le tappe dello sport cittadino e per variegati motivi. Fra i tanti motivi l’aver vissuto personalmente molti avvenimenti sportivi e l’aver raccolto la testimonianza diretta dei protagonisti o di coloro che hanno assistito in prima persona alle kermesse sportive. Qualcuno purtroppo non c’è più, ma di loro rimarrà questo mio qui scritto, che non vuole immortalare “medaglie d’oro”, ma solo “orlandini” che hanno sventolato con passione ed orgoglio la bandiera della loro cittadina in ogni dove.
Sino agli anni ‘60 circa l’unico sport praticato ufficialmente sui campi era il calcio, ma nel 1958 fece il suo ingresso a Capo d’Orlando la pallacanestro. Uno sport allora ritenuto d’élite che però a Capo d’Orlando solo dopo pochi anni dalla sua apparizione, diventò lo sport cittadino. Ne fu pioniere un giovane studente universitario, Ninni Fera figlio del segretario comunale di allora, che trovò nella “Pro Loco Orlandina” lo sponsor per i campionati federali che attirarono sul campo all’aperto della piazza Valenti (ora piazza Caracciolo) un pubblico strabbocchevole.
E la piazza Valenti, agorà della vita cittadina, diventò l’arena d’imprese cestistiche memorabili. Pietro e Benito Valenti ed i più giovani Tano Cuva, Pippo Giuffrè e Mario Paparone erano i dirigenti di quella squadra che subito tesserò i più alti del paese, come Pippo Cucinotta e Salvatore Lattanzio, nonché i più bravi giocatori dell’interland. Mosche rare, perché nessuno giocava a basket, sport conosciuto solo per sentito dire. E così giocò con la “Pro Loco Orlandina” uno studente universitario di Gliaca di Piraino, Fausto Maniaci, che portò con i suoi canestri l’Orlandina in serie B. Il “mancino” Maniaci ed il capitano Ninni Fera fecero il miracolo che proiettò la città nel firmamento del basket che conta e che avrebbe cambiato la vita domenicale degli Orlandini.
Tutti al campo, per tifare “Orlandina basket”, anche sotto la pioggia e le sferzate del vento di maestrale che, giungendo dal mare, colpivano in pieno viso gli intrepidi spettatori.
Una prerogativa, quella della domenica a basket, che da allora sarebbe stata una costante per intere famiglie che, come in un salotto, si gustavano il match sgranocchiando noccioline. Ed il salotto di allora era la piazza Caracciolo, non solo per la pallacanestro, ma anche perché, grazie alla Pro Loco ed alla Regione Siciliana, che a quei tempi aveva un occhio di riguardo per la città paladina punzecchiata dal direttore regionale dell’Assessorato al Turismo, Francesco Paolo Merendino, tra l’altro sindaco di Capo d’Orlando, e dal funzionario Benito Valenti, orlandino doc, si riusciva a far giungere a Capo d’Orlando le manifestazioni internazionali più prestigiose sponsorizzate proprio da Palazzo D’Orleans: dal pattinaggio artistico alla pallacanestro; dalla pallavolo alla ginnastica artistica, dal teatro al ballo.
Piazza Caracciolo era allora il centro della vita paladina ed il campo di basket, ubicato in quel posto, era l’unico sfogo per i giovani, anche perché il campo di calcio “Tenente Micale” veniva cancellato dalla costruzione del lungomare e, per giocare, le società peregrinavano in ogni dove, dal torrente Zappulla a Maccaudo, sino a trovarsi poi una collocazione definitiva a Pissi con lo stadio “Francesco Paolo Merendino”.
Così sulle orme di Fera e Maniaci nacque la giovane “Orlandina basket”, guidata dai ragazzi del quartiere Auletta, al cui centro c’era il campo di basket di piazza Caracciolo.
Nino Minciullo ed il sottoscritto Franco Perdichizzi, i più vecchi dei giovani atleti di allora, una volta che la Pro Loco, per motivi statutari, dovette rinunciare ai campionati federali, trovarono in alcuni imprenditori e professionisti paladini gli alfieri della rinascita societaria: Biagio Barbitta, Pasqualino Damiano, Pietro Cucinotta, Mimmo Milone, Giuseppe Musarra, Antonino Campisi, Salvatore Catania, Carmelo Giuffrè e Bruno Damiano.
L’Orlandina basket ritornò quindi a volare e, sotto la spinta dei “vecchi” fondatori (sarebbe troppo lungo ricordarli e rischierei di dimenticarne qualcuno, anche se non posso fare a meno di menzionarne uno, un oricense con cuore orlandino che ci lasciò nel 2009: Danilo Di Marco) nacquero le nuove stelle. Erano tantissime e tutte con lo stesso amore verso i colori di Capo d’Orlando.
Troppi questi campioni per menzionarli tutti ma tre di loro, che purtroppo ci hanno lasciati troppo giovani, li voglio ricordare: Carmelo Miragliotta, Maurilio Milone e Giuseppe Valenti a cui è stato pure dedicato alla memoria il Palazzetto dello Sport, inaugurato nel 1979.
Era un sogno accarezzato per anni anche sotto la spinta delle richieste e proteste dell’Orlandina Basket e dell’altra società di pallacanestro, nata in quel periodo, il Select di Ciccino Micale.
I più anziani non possono non ricordare uno sciopero che organizzai alle sette del mattino di una giornata invernale, quando con tutti i ragazzini del minibasket svegliammo il paese a suon di fischietti, urlando lo slogan: “Vogliamo una palestra coperta”. La denuncia per schiamazzi per fortuna non arrivò, ma, come per miracolo, gli amministratori di allora, il sindaco Nino Messina, il vice Basilio Lipari e l’assessore allo sport Giuseppe Arena in testa, realizzarono il sogno. Nacque il Palasport del lungomare poi intitolato a Giuseppe Valenti. L’inaugurazione fu affidata ad una partita di un torneo internazionale femminile, con l’U.R.S.S. protagonista assoluta grazie alla presenza della lettone Uljana Semionova di “soli” 213 centimetri.
Si avverava un sogno per l’Orlandina e per i giovani cestisti di allora. Un nuovo salotto per lo sport e questa volta al coperto. Fu spostato così il campo delle Scuole Elementari dove nel 1972 si era trasferita l’Orlandina Basket dopo aver abbandonato lo storico campo di piazza Caracciolo.
Sul parquet arrivarono i nuovi giovani “eroi” e dietro il tavolo i nuovi dirigenti: Mario Iannello, Francesco e Maurizio Cucinotta, Giuseppe Antillo, Antonino Sgarlata, Salvatore Brogna, Lino Milone ed i presidenti Nino Bontempo e Luciano Milio.
Un capitolo a parte dovremmo farlo per altre due società di basket che allora diedero tanto spazio ai moltissimi giovani della città: il Select e la Pallacanestro Capo d’Orlando per il settore femminile, ambedue poi confluite nell’ Orlandina Basket.
Il Select, voluto da Ciccino Micale, nacque a Piana di Capo d’Orlando e, sotto la sua casacca, brillarono molte stelle e per tutte menzioniamo Giancarlo Granata, mentre la Pallacanestro Capo d’Orlando, che ho avuto il piacere di fondare ed allenare, raggiunse traguardi prestigiosi, tra cui due finali nazionali giovanili classificandosi al settimo posto assoluto in Italia. La società aveva raccolto anche il vivaio che aveva creato un allenatore che ora presta la sua opera a Roma, Franco Ingrillì e si deve anche a lui se, con le giovanissime, giocarono Rossana Valente e Marilena Conforto, le due “professioniste” locali. Professioniste perché per alcuni anni disputarono campionati nazionali tra le file di team messinesi.
Con il basket femminile questo sport era entrato dappertutto, in quanto non c’era casa a Capo d’Orlando che non annoverasse un giocatore od una giocatrice di qualsiasi taglia, mini o maxi. Si deve proprio al basket femminile se nacque un dirigente che poi avrebbe segnato il futuro di questo sport diventando il presidente dell’Orlandina di serie A maschile: Enzo Sindoni. Era seduto in panchina con me a fare da dirigente alla squadra, ma soprattutto alla fidanzata, la “capitana” Marilena Conforto, in seguito diventata sua moglie. Un vulcano di dirigente, tanto che a Messina, in una finale per saltare categoria contro una squadra catanese, fu oggetto di mirate attenzioni degli avversari. Con lui anch’io, ma per fortuna il pericolo fu sventato dalla Polizia che arrestò i tifosi etnei troppo esuberanti. Per la cronaca la partita fu vinta grazie anche ad una atleta giovanissima che si inventò il canestro della vittoria: Susanna Paparone, che attualmente è suora ed allena i bambini di una parrocchia di Messina e naturalmente a basket.
Sull’altro versante, quello del calcio, intanto cosa era accaduto? Dall’iniziale campo di calcio “Viglianti”, quello ai piedi del Santuario, si passava al campetto di Via Veneto (oggi palazzo Busacca) e dopo ancora a quello dell’Arenella di fronte al mare, letteralmente condizionato dagli umori delle mareggiate, sino al “Tenente Micale”, realizzato sul demanio marittimo dove ora c’è il Palasport “Giuseppe Valenti”.
Anche per realizzare questo impianto i ragazzi di allora ricorsero ad uno sciopero che nelle loro intenzioni non sarebbe dovuto passare inosservato. E così fu, tanto che i capi di quella “rivolta”, che sfilarono per le vie cittadine con vanghe, badili e setacci per dimostrare in maniera provocatoria la volontà di costruirsi personalmente il campo, furono condotti nella caserma dei carabinieri per rispondere delle loro malefatte.
Intervenne in loro difesa un neo avvocato, laureatosi da poco, Peppe Valenti, fratello del capo dei “rivoltosi” Benito, che riuscì con la sua parlantina forbita a salvarli dalle conseguenze dello sciopero non autorizzato.
Ma la modernità impone i suoi sacrifici e così la costruzione del lungomare spazzò via il campo “Tenente Micale” e, dopo varie vicissitudini, si costruì il nuovo stadio intitolato ad un sindaco indimenticabile nei ricordi degli Orlandini: Francesco Paolo Merendino.
Attualmente c’è un nuovo stadio gemello, giustamente intitolato a Ciccino Micale, che non fu solo protagonista dirigente del basket, ma anche del ciclismo, del calcio e di altri sport.
La storia del calcio a Capo d’Orlando, quello pionieristico, è legata sempre al quartiere “Auletta”, allora centro di ogni attività sociale, commerciale e naturalmente sportiva nonché delle attività pescherecce ed alcuni pescatori erano anche il fulcro della locale squadra di calcio. Costoro, però, partirono presto per l’Australia e per altri lidi in cerca di fortuna. Vale la pena ricordare i nomi di questi pionieri del calcio: Pippo Orifici, Nino Iannello, Roberto Valenti, Fedele Vinci, Pippo Fardella, Nino Valenti, Nino Fardella, Benito Valenti, Filippo Minciullo, Salvatore Mentesana, Ciccio Mentesana, Pietro Cucinotta, Basilio ed Antonio Lipari.
Sulle orme di questa società “familiare”, che aveva prima prodotto uno dei più grandi portieri di quei tempi, Umberto Conforto detto ‘U mutu, che per tanti anni difese i pali della nazionale italiana sordomuti, negli anni ‘60 nacque l’Orlandina Calcio che ben presto sfornò un fior di campione di casa nostra, Turuzzo Manasseri, detto Pedi di pompa, il primo orlandino ad aver giocato in una squadra di professionisti, la Massimiliana di Catania dove raggiunse un altro giocatore naturalizzato paladino, Aurelio Bongiovanni.
Dopo i presidenti dell’alba “orlandina” del calcio, Giuseppe Siro Brigiani, Santi Minciullo e Vincenzo Ingrillì, arrivarono i “moderni” Carlino Chisari e Peppe Ingrillì e, con loro, sulla panchina cominciò a fare la sua comparsa un allenatore fatto in casa, Ernesto Reale, orlandino d.o.c. Non aveva mai giocato a calcio, ma la sua competenza e professionalità ben presto furono riconosciute da tutti e soprattutto avallate dai risultati. Da quel momento le sorti del calcio orlandino si legarono a lui indissolubilmente, e non solo quelle dell’Orlandina, ma anche quelle dell’Esperia, un’altra società che ha fatto la storia del pallone a Capo d’Orlando.
Con lui, Ernesto Reale volarono verso il professionismo giocatori come Renato Oteri, Franco Ipsaro ed Emanuele Curcio, il primo bomber orlandino che segnò in serie A (giocava con la Roma di Nils Liedhom). Arrivarono gli anni ‘90 ed i nuovi protagonisti: il presidente Saverio Collica e quello ancora in carica agli inizi del terzo millennio, Peppino Galati. Un cenno particolare va fatto anche alla squadra della Piana, vera fucina dei giovani e presieduta dal frizzante Carlo Paparone.
Avevamo lasciato il basket agli anni ‘90 quando l’Orlandina rischiava di scomparire per motivi economici. Fu allora che, prima un giovane coach locale, Maurizio Cucinotta, figlio dell’ex presidente Pietro, e poi un imprenditore agrumicolo, Enzo Sindoni, tra l’altro anche Sindaco della città, la “presero per mano” e la portarono verso traguardi impensabili per una cittadina di poco più di 13.000 abitanti, il campionato di A1, la massima serie nazionale.
A non farla scomparire contribuirono, e non poco, anche due ex giocatori diventati dirigenti per l’occasione e cioè Daniele Di Noto e Pippo Munafò ed un brolese d.o.c., ma con cuore orlandino, il dott. Andrea Giuffrè, che fu anche il medico della squadra. Con loro i nuovi protagonisti del parquet, i giocatori di casa nostra guidati da Alessandro Maurico e Francesco Origlio.
Capo d’Orlando quindi, come in una favola d’altri tempi, conquistò la serie A1, la massima serie, quella solo sognata dal sottoscritto e da Nino Minciullo. Infatti mai avremmo pensato che quella maglietta, che avevamo indossato per tanto tempo sul campetto in riva al mare di piazza Caracciolo negli anni ‘60 e ‘70, un giorno sarebbe stata protagonista sui parquet di Cantù, quello di Marzorati o di Varese, quello di Dino Meneghin.
Con Enzo Sindoni presidente e con Maurizio Cucinotta prima, e vari allenatori dopo, fra cui il barcellonese Giovanni Perdichizzi, si raggiunse l’apice italiano ed europeo della pallacanestro.
Nel nuovo impianto, costruito in un battibaleno per poter ospitare le partite professionistiche, tutta Capo d’Orlando e la provincia vissero momenti di grande passione sportiva.
Il Palafantozzi, dedicato ad uno dei più grandi giocatori italiani della pallacanestro approdato intanto alla corte di Sindoni ed autore anche lui della conquista dei prestigiosi traguardi, diventò ben presto troppo piccolo per ospitare il pubblico sempre più entusiasta, tanto che ben presto fu ampliato.
Dopo Fantozzi giunse a Capo d’Orlando un’altra star dei parquet mondiali, Gianmarco Pozzecco, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene del 2004 e con lui udite udite, l’Orlandina, la squadra di un paesino di meno di 14.000 anime, accedette ai play off scudetto per concludere l’esaltante campionato di serie A1 raggiungendo il sesto posto.
La squadra che aveva conquistato anche l’accesso all’Eurocup, viene a sorpresa esclusa dal campionato per presunte irregolarità amministrative, dichiarate però inesistenti da una sentenza giunta due anni dopo. Un provvedimento clamorosamente ingiusto che non intacca le imprese di Pozzecco, McIntyre e Meija, e che non spegne l’amore di Capo d’Orlando per la sua squadra. Punto ed accapo quindi. Si ricominciò di nuovo. Il terzo millennio vede l’Orlandina, con un reggino-orlandino in panchina, Giuseppe Condello, e sempre con Enzo Sindoni a fare da apripista, ripercorrere la scalata verso la serie A. Dopo aver vinto il campionato di B2, eccola oggi in testa al campionato di B dilettanti. Mancano solo due tappe verso quel traguardo, la serie A, che solo pochi anni prima era stata appannaggio della società.
Il panorama del basket orlandino, nel 2011, vede anche altre società sportive dare spazio ai tanti giovani che amano questo sport. Dal settore femminile con la Orlando Basket a quello maschile con la Maurilio Milone e la Freedom Capo d’Orlando.
Ma negli altri sport cosa è accaduto dal 1925 ad oggi a Capo d’Orlando? Certamente sino agli anni ‘70 del secolo scorso gli sport principi erano quelli di cui abbiamo parlato e cioè calcio e pallacanestro, ma a far da cornice al movimento c’erano anche altre discipline che in taluni momenti hanno coinvolto tantissimi giovani. Discipline come la pallavolo, che poi negli anni ’90 esplose nel grosso movimento agonistico che attualmente ancora si registra, e la boxe, che coinvolse gli Orlandini, anche se solo come entusiasti spettatori, ma che in compenso allora etichettò la città come centro indiscusso del pugilato europeo e questo grazie alla dirette televisive dell’Eurovisione. Artefice di questo “miracolo” mediatico fu l’allora Assessore allo Sport, Dott. Salvatore Monastra, che riuscì a portare sul ring del campo dei Pini e del Palasport “Giuseppe Valenti” incontri valevoli per la corona europea e mondiale.
Indimenticabili i match di Nino La Rocca, il naturalizzato italiano (mamma siciliana), che proprio nella città paladina disputò ben tre incontri tra il 1984 ed il 1987. La carriera sportiva di “The Italian Alì”, come veniva soprannominato Nino, si concluse l’8 aprile del 1990 quando perse con Luis Gabriel Garcia il titolo mondiale W.B.C pesi welter, ma Nino La Rocca non ha dimenticato mai Capo d’Orlando che lo ha spinto in alto oltre la vittoria ed infatti più volte è ritornato nella città paladina.
Il pattinaggio, quello artistico, fu anche un’altra delle invenzioni della “Pro Loco Orlandina”, un sodalizio turistico che per Capo d’Orlando era qualcosa di più.
Per quasi trent’anni, è stata il punto di riferimento di ogni manifestazione che si sviluppava in città. Ha rappresentato per la piccola cittadina, insieme alla Mostra Nazionale di Pittura ed al borgo di San Gregorio, la nascita della Capo d’Orlando moderna, quella che da allora, erano gli inizi degli anni ‘60, ha attirato sulle spiagge e sulle stradine dei quartieri e delle borgate, ancora odoranti di attività pescherecce e di limoni, flussi continui di villeggianti che, con la loro presenza, hanno dato spinta a quella vocazione turistica che la natura da sempre aveva regalato.
Il pattinaggio quello artistico era così diventato un appuntamento di ogni estate, e sulle mattonelle in catrame di piazza Valenti, ora Caracciolo, le più belle atlete del mondo svolazzavano per entusiasmare una platea che a volte è arrivata a contare oltre duemila spettatori assiepati sulle tribune “Innocenti” che per l’occasione venivano montate ai bordi della piazza.
Ma torniamo alla pallavolo, sport che tutti praticavano per la facilità di reperimento di un campo di gioco. Dal punto di vista agonistico sono da menzionare alcuni atleti che hanno fatto sì che questa disciplina esplodesse nel movimento che tuttora, all’alba del terzo millennio, si registra. È il caso prima di Laura Trifilò, Mariella La Rosa, Antonello Pizzino, Saretto Paparone, Franco Ingrillì, Enzo Bontempo e dopo Teresa Camuti. Sono arrivati poi Antonio Munastra, Nicola Alesci, Nino La Rosa e Massimo Carrello.
Non si possono non ricordare le persone che negli anni si sono assunte l’onere e l’onore di portare avanti il destino societario paladino della pallavolo. Prima il duo Emilio Munastra e Nina Scurto, poi Nino La Rosa (diventato presidente), con cui si sono disputati, negli anni ‘80, diversi campionati maschili e, negli anni novanta, altri femminili.
È certamente con la presidenza di Francesco Marcini che la pallavolo orlandina è riuscita ad emergere in campo nazionale conquistando risultati entusiasmanti. Dal vivaio di queste società sono nate le atlete orlandine che hanno traghettato il volley di casa nostra nel terzo millennio come Rita Mazzara e Consuelo Marcini che per tanti anni hanno calcato il parquet di formazioni di serie A1.
Uno sport che per lungo tempo ha avuto un seguito notevole è stato il ciclismo, disciplina sportiva che ha annoverato tra i massimi dirigenti nazionali proprio un orlandino, Ciccio Ingrillì, che è stato in testa al Comitato siciliano per tanti anni.
Ma gli albori? Correvano gli anni del secondo dopoguerra e sulle strade ancora sterrate dei Nebrodi si vedeva una figura esile su una bici che voleva essere da corsa, ma non lo era e, dietro, che la incitava a squarciagola, un giovane spilungone che faceva fatica a tenersi in bilico sulla “giardinetta” che annaspava scoppiettando.
Il ciclista era Pippo Grattoggi, il campione di Scafa, ed il trainer era Vittorio Sindoni, diventato poi un famoso regista cinematografico.
“Quando si parla di ciclismo del passato, ci dice Mario Paparone, storico locale, mi ricordo quella strana coppia, che nonostante gli sforzi sui pedali di Pippo, pareva sempre ferma”. Di corse, anche vinte, Grattoggi ne disputò veramente tante e prima e dopo di lui Nunzio Perrone, Basilio Ioppolo, Corrado ed Enrico Sgrò, Pippo Emanuele “Puddicina”, Franco Favazzo, Carmelo Passione, Lorenzo Magistro e Nunzio Valuri, l’unico orlandino (d’adozione) professionista.
Davanti alla bici in qualità di animatore ed organizzatore un personaggio indimenticabile: Vincenzino Ingrillì.
Ma il ciclismo a Capo d’Orlando, dopo quegli anni e sino al duemila, si chiamava Ciccio Ingrillì. L’avvocato, che ha addirittura rinunciato a svolgere la propria professione, dopo aver condotto brillantemente, con il braccio destro Carlo Paparone, l’AS Piana, spiccò il volo federale diventando presidente regionale della Federazione di Ciclismo (1985) e riuscendo ad organizzare nel 1994 i campionati mondiali dilettanti proprio in Sicilia ed a Capo d’Orlando. Grazie alla presenza del patron Ciccio Ingrillì, tante squadre professionistiche iniziarono la preparazione stagionale proprio nella città paladina.
Oggi il ciclismo a Capo d’Orlando è rappresentato dalla Società ASD Pro-Bike del presidente Franco Favazzo e dal suo fondatore Giacomo Gammeri, due appassionati delle due ruote che cercano di rinverdire l’indimenticabile passato.
Tra i ciclisti di casa nostra annoveriamo anche Natale Ciraolo, che, da emigrato in Svizzera, vinse alcune corse per poi esercitare la professione di massaggiatore per tanti team orlandini.
E di passato si parla quando i ricordi vanno sul mare orlandino e lì, su un motoscafo che vola sulle onde, vediamo un orlandino d.o.c rimasto nel cuore di tanti, Tano Cuva.
L’eclettico Tano, appellato “barone” per la sua classe e signorilità, partecipò a tante gare di motonautica negli anni ‘70 vincendo il Gran Premio Sud Italia SD 700 cc. Nel 1979 la Federazione gli conferì il titolo di Console. Tano Cuva ha condensato le sue esperienze nel libro “I miei successi ovvero quello che mi è successo”.
Tano Cuva fu uno dei presidenti del sodalizio e con loro c’erano i giovani, la manovalanza, quella che avrebbe contribuito ad inventare le tante manifestazioni rimaste ancora negli annali, come la Marcia Longa in maschera e non, la Sagra del Pesce con Miss Pesce ed i tanti tornei internazionali di basket e volley.
Anche se mi viene un nodo alla gola, voglio ricordare un altro compagno di avventura della Pro Orlandina. È Antonio Librizzi, diventato poi ai primianni del terzo millennio assessore allo sport della Giunta Sindoni. Con lui si andò anche a Messina per ritirare il certificato di agibilità del nuovo Palazzetto dello Sport “Giuseppe Valenti”. Il ritorno da Messina fu una lotta contro il tempo perché sul parquet c’erano ad aspettarci le squadre femminili dell’Urss e dell’Italia, partecipanti al torneo internazionale d’inaugurazione del palasport, e gli arbitri indecisi se fare iniziare la partita o no senza quel documento ufficiale.
Ma soffermiamoci un attimo su quel campo di gara, che Capo d’Orlando ha sempre avuto ed avrà sempre: il mare. Proprio quello specchio d’acqua infinito, dove Gino Paoli scrisse “Sapore di sale”, è stato il punto di partenza per un’avventura che ha portato un Orlandino trapiantato in Francia a compiere, in nome dell’orlandinità, un’impresa storica. Con la sua barca a vela “Thico IV”, sponsorizzata “Capo d’Orlando”, Alfredo Fiocco è partito il 13 settembre del 2003 dal porto di San Gregorio per il giro del mondo. È ritornato a Capo d’Orlando, naturalmente con il guinness nella sua vela, nell’agosto del 2005.
Ma l’azzurro mare di Capo d’Orlando ha sfornato anche un campione del mondo. È Luca Chirieleison, che il 29 agosto del 2003 ha conquistato sulle acque dell’Atlantico il titolo iridato per la categoria della vela “classe internazionale 5.5” con la sua “Cibele II”.
Già prima, il 2 agosto del 1992, lo specchio di mare davanti a Capo d’Orlando è stato teatro di una impresa sportiva e sociale indimenticabile. Una nuotatrice messinese, orlandina d’adozione, Cristina Scotto, ha percorso a nuoto (senza indossare pinne, muta od altro e senza mai appoggiarsi a nulla) i 44 km di mare che distanziano l’isola eolica di Salina da Capo d’Orlando.
Di notte, sotto i fari e con l’applauso di più di 10.000 persone assiepate sulla battigia, ha toccato terra sulla spiaggia del centro. Nell’ultimo miglio è stata accompagnata a mare dagli amici disabili che allenava in piscina e per le cui problematiche ha voluto accendere i riflettori con la traversata a mare seguita da migliaia di persone grazie alla diretta non-stop di Radio Play che ha organizzato l’evento.
Con l’arrivo del terzo millennio Capo d’Orlando ha esordito a livello nazionale anche in altre due discipline sportive: la pallamano ed il calcio femminile.
La pallamano o handball ha attecchito in città grazie ad un impiegato di banca giunto da Palermo, Sandro Iannazzo. Con lui e con il presidente di allora, Nino Emanuele, patron della prima tv locale di Capo d’Orlando, ora scomparsa, Canale 31, è iniziata l’avventura della pallamano che hanno poi lasciato agli eredi orlandini in particolar modo a Francesco Lenzo, prima giocatore e poi presidente da riuscire a raggiungere la serie nazionale A2 nell’annata sportiva 2006/2007.
Non si possono non ricordare i sette giovani che il 27 Settembre del 1994 diedero vita alla nuova società “Nuova Esperia” che raccolse l’eredità del vecchio sodalizio “Canale 31” e che sino ad oggi ha dato la possibilità a centinaia di giovani di poter giocare a pallamano: Francesco Lenzo, Massimo Alemanni, Maurizio Ipsaro Passione, Nunzio Cambria, Maurizio Galipò, Basilio Mangano e Salvatore Minissale. Nel 2011 troviamo l’Esperia in testa al campionato di serie B, pronta per il grande balzo.
Un grande salto l’ha fatto sicuramente l’Orlandia 97, una società di calcio femminile che nel 2001 ha traghettato il proprio organico dal “calcio a 5” al “calcio ad 11”. La passione del presidente Valeria Catania e del direttore sportivo Leuccio Tonarelli ha compiuto un miracolo difficilmente emulabile.
Nel 2005 le ragazze orlandine sono già nel campionato nazionale di A2. Nel giugno 2009, l’Orlandia ha conquistato la partecipazione alle Final Four di Coppa Italia a Roma e, nella stagione agonistica successiva 2009/2010, il sogno delle giovani paladine e dei loro dirigenti Catania e Tonarelli si è avverato: la massima serie e la seconda partecipazione alla Coppa Italia, nella nuova formula delle Final Six, che, con partecipanti le sei più forti squadre d’Italia, si è disputata proprio a Capo d’Orlando, nel nuovo impianto sportivo di Pissi intitolato a Ciccino Micale.
Una delle discipline che non ha mai attecchito nella nostra cittadina è la regina di tutte, l’atletica leggera. Un handicap per Capo d’Orlando dovuto però solo alla mancanza di un impianto sportivo. Così gli amanti dell’atletica leggera sono dovuti emigrare altrove per poterla praticare. Nel 2010 l’Amministrazione Sindoni ha inaugurato il nuovo stadio di Pissi dotato finalmente di una pista d’atletica.
In questa disciplina, la più titolata degli Orlandini è stata senza dubbio Elena Mancuso, barcellonese trapiantata a Capo d’Orlando, poi diventata professoressa di educazione fisica, che negli anni ‘60 si è laureata più volte campionessa siciliana di salto in lungo e pentathlon, successi che ha bissato anche nei campionati italiani per universitari.
Da anni l’atletica leggera è però presente a Capo d’Orlando con numerosi amanti della “lunga distanza”, molti dei quali hanno partecipato alla maratona di New York.
Se la vera atletica è mancata, la città paladina ha registrato un grande movimento soprattutto giovanile in due discipline olimpiche molto spettacolari: il karate e la ginnastica.
Il karate è approdato a Capo d’Orlando nel 1977, grazie al maestro Franco Alberto Galipò ed alla sua palestra, la prima di arti marziali sorta in città. Sulla sua scia tante altre palestre e tanti risultati conseguiti, come nel 2007 la Coppa del Mondo di Kick Boxing grazie a Patrizio Calà. La nazionale italiana di questa disciplina marziale nel 2010 ha inserito nella prima quadra ben tre orlandine: Chiara Ferrarotto, Mattia Pintaudi e Leandro Causerano.
Si deve invece a quell’Emanuele Curcio, di cui abbiamo parlato prima, l’arrivo della ginnastica. Era il 1986 e la ginnastica artistica, quella femminile, prese corpo, tra parallele, travi, cavalli ed anelli. Sono nate le piccole campionesse Debora Continibali, Giulia Sciacca, Elena Pizzuto che hanno fatto da apripista a Sara Ricciardi, che prima ha trionfato nella mini Olimpiade delle isole mediterranee a Mallorca, in Spagna, conquistando due ori, un argento e due bronzi ed approdando in seguito nel team della nazionale italiana, con la quale attualmente si allena a Milano, nel Centro sportivo della F.G.I., in vista delle Olimpiadi di Londra del 2012.
Sarebbe il maggior risultato conseguito da un atleta orlandino in tutta la storia sportiva della città, anche se già un orlandino d’adozione, lo sciabolatore Giovanni Scalzo (la mamma di Capo d’Orlando) di Olimpiadi ne disputò ben quattro portando a casa sia la medaglia d’oro che quelle d’argento e di bronzo.
Chiudo questo “racconto” con un augurio sincero per la mia città, per la quale ho rinunciato anche a programmi personali ambiziosi. Sì, il mio è stato più un racconto che una vera e propria storia dello sport, sia perché scritto di getto sia perché in ogni riga mi venivamo in mente tutti i personaggi coinvolti negli avvenimenti che ripercorrevo.
Sicuramente avrò dimenticato tanti protagonisti dello sport orlandino e di tanti non ne ho indicato i nomi e cognomi, ma come avrei potuto fare se tutto doveva essere condensato in queste poche pagine che state leggendo? Sicuramente, comunque, questo scritto potrà essere utile a qualcun altro che vorrà ampliare la “storia” con i propri ricordi e con le proprie ricerche.
A lui ed a coloro che continueranno ad aggiungere pagine sempre più attuali di una storia che non avrà mai fine auguro un buon lavoro ed una serena vita in una città, Capo d’Orlando, dove il passato è solo una delle tante tappe di una esistenza da vivere giorno per giorno e senza limiti.
Ringrazio della collaborazione il collega giornalista Pippo Galipò per le notizie sul calcio e Cono Galipò, cultore della memoria sportiva orlandina dal 1970 ad oggi, che mi ha fornito notizie e spigolature dello sport cittadino grazie ad un archivio personale da far invidia anche ai migliori giornali.