Quando una sedia a rotelle diventa una Ferrari
di Michele Manfredi – Gigliotti
Nel mese di febbraio ultimo andante, curata dalla Casa Editrice RISE&PRESS corrente in Rocca di Capri Leone (ME), ha visto la luce il libro LA MIA VITA IN “FERRARI”, una testimonianza letteraria di pregevole valore didattico di Marzia Latino.
L’Autrice ha avuto i natali in San Marco d’Alunzio, paese montano del messinese, onusto (è il caso di dire) di storia e di mito, i quali affondano le radici in tempi lontanissimi, avendo avuto origine a partire dalla colonizzazione greca di Occidente.
Marzia è una disabile, di quelle toste, però, che non si è lasciata intimidire da una sorte malevola e matrigna, ma ha lottato con tutte le sue forze per acquisire il pieno diritto di cittadinanza in seno al consorzio umano, senza “SE” e senza “MA”, bensì secondo una posizione paritetica con tutti gli altri consociati, resa avulsa da qualsiasi “distinguo” mortificatamente ghettizzante.
A partire dai primi anni della sua vita terrena, ha inteso indossare le armi della lotta, acquisendo, con la pratica, l’invulnerabilità (non è un caso che il suo nomen sia MARZIA e che il suo cognomen sia Latino, entrambi i quali evocano, con ogni evidenza, la denominazione onomastica di Marte, Dio della guerra e protettore degli eroi presso il popolo latino dei Romani) e niente e nessuno ha potuto intaccarne le sue capacità umane e professionali. Lei stessa lascia intendere come la penetrazione nella società normalmente civile sia stata difficile e, per molti aspetti, anche dolorosa per via delle evidenti riserve mentali manifestate da molte persone a motivo della sua menomazione. Ma niente e nessuno sono stati capaci di poterla fermare, a partire dal primo vagito emesso, quando la scienza medica ne ha diagnosticato l’imminente dipartita. Ma sino da allora la sua anima (sebbene, illo tempore, fosse ancora allo stato di tabula rasa) e il suo corpo apparentemente inefficiente, smentirono, con caparbietà e fermezza, la certificazione medica e, a dispetto di tutto e di tutti, si aggrapparono alla roccia con la medesima tenacia e professionalità di uno scalatore del K2, cominciando a salire le scale della vita terrena.
“Educatrice e sostenitrice della cultura educativa, si impegna nell’espansione di un ambiente di apprendimento diffuso”, mettendo al servizio della società civile la sua laurea in Educazione di Comunità ottenuta nella facoltà di Scienze della Formazione e, precisamente, nello specifico corso di Educazione di Comunità, discutendo la tesi di laurea: “Il carcere femminile in Italia e la questione della maternità”.
L’autrice stessa ammette nel suo scritto che non è stato un cammino semplice e agevole, sibbene, al contrario, irto di difficoltà rese ancora più dolorose dalla circostanza che la società, cosiddetta civile, ignora molto spesso, di porre in atto i necessari mutamenti finalizzati alla livellazione di tutti quegli ostacoli che finiscono con l’accrescere il cammino del disabile già saturo, per sua natura, di notevoli difficoltà.
Ognuno riesce ad immaginare quale dovette essere lo stato d’animo di Marzia quando, avendo deciso di iscriversi all’Università di Palermo, raggiunse il capoluogo della Sicilia e cominciò a muoversi da sola per le sue strade, in mezzo al suo traffico di automezzi e persone, dentro i suoi uffici, le sue biblioteche, seduta su una sedia a rotelle, anche se a trazione elettronica, lontana dai componenti la sua famiglia, dai quali era stata diuturnamente supportata e incoraggiata.
Ripeto: chiunque, apprendendo la sua storia, immagina quale dovette essere il suo stato d’animo, nel momento in cui si trovò a dover superare le barriere architettoniche presenti nel pensionato per gli studenti universitari, essendo sola e non conoscendo alcuno.
Ebbene, Marzia ha contraddetto le opinioni di tutti gli abili, confessando:
“Mi sono sentita viva e libera, una sensazione che forse a parole non riesco ad esprimere. Non c’era più il pensiero di rimanere a casa per via delle barriere architettoniche, perché la mia sedia a rotelle elettronica, mi ha portata in ogni angolo della città, come una vera e propria Ferrari.
Sin di primi mesi dell’utilizzo di questa nuova sedia le accaparrai questo appellativo, proprio perché ha sostituito le mie gambe per accompagnarmi in ogni esperienza…
La sedia a rotelle è come un paio di scarpe per me, uno strumento, un aiuto e soprattutto un mezzo tramite il quale posso vivere la mia vita appieno”.
La sua indole espansiva, dotata di un senso sui generis riguardo ai rapporti interpersonali, che va oltre la norma, le ha consentito, poi, di ottenere l’amicizia schietta e spassionata di molti suoi colleghi e colleghe frequentanti l’Università, dei quali, come ha scritto, sente, ancora oggi, profonda nostalgia.
Nel libro che con tanto piacere sto presentando è trasfuso ogni sentimento che ha sostenuto il percorso dell’autrice durante tutto il suo cammino intrapreso con animo da persona perfettamente abile, che non ha impetrato mai scusanti o esimenti quando raggiungere i traguardi liberamente impostisi sembrava impresa ardua anche per chi non aveva bisogno di una sedia a rotelle. Sono tutti sentimenti positivi volti a vivere la vita con pienezza, malgrado le sue impennate negative; malgrado il cammino risulti cosparso da arenili di sabbie mobili preventivamente non individuabili; malgrado l’indifferenza dei molti che non riescono ad empatizzarsi nelle differenti situazioni altrui.
Il grande merito di Marzia è, secondo me, costituito dalla volontà di evitare di porre la sua anima sul letto di Procuste (come molti sono costretti a fare), nel tentativo di adattarla alle dimensioni del giaciglio, allungandola o mutilandola per farla combaciare perfettamente con le estremità; Marzia ha preferito seguire il processo inverso, adattando il suo mondo alla sua anima.
Il libro può letterariamente definirsi una antologia di episodi di vita vissuta da parte dell’autrice e dei consequenziali stati d’animo discendenti dagli esiti positivi o negativi, felici o tristi, dei comportamenti posti in essere.
La narrazione poggia su un linguaggio semplice, mai artefatto, mai protocollare, completamente apprendibile riguardo alle finalità didattiche che esso si propone e che sono in esso contenute, a guisa di una avvincente affabulazione pedagogica, ma, nella realtà, inseribile a pieno titolo nel verismo letterario o, anche, nelle psicologie dei molteplici personaggi tolstoiani.
Le caratteristiche che precedono conferiscono alla narrazione la qualità di una testimonianza vera, in quanto storicamente vissuta sulla propria pelle, la quale offre a tutti i lettori un utile prototipo psicologico-professionale da tenere sempre presente nella vita quotidiana per potere, per aspera, pervenire ad astra, come è naturale impulso della maggioranza degli umani.
E’ questo un libro che merita di essere letto e spremuto, al fine di ricavarne quello che a me sembra il succo più essenziale: la filosofia di vita di Marzia che, se diffusa senza alcuna distinzione tra abilità e disabilità, potrà renderci certamente migliori.
In tutto l’evolversi del filo narrativo, non si riscontra una pur minima reazione né di rancore, né di pessimismo, né di odio, né di acredine, ma si ricava soltanto una immensa fiducia nelle proprie capacità e una conseguente serenità d’animo degna della epicurea atarassia.
Marzia ha accettato tutto, non certo con rassegnazione, ma con piena e assoluta capacità di adattamento, sopperendo, con le sue intelligenza e tenacia, a tutte quelle mancanze e deficienze prodotte dalla Sorte. E’ la Sorte che decide tutto: nascere belli o brutti, ricchi o poveri, intelligenti o imbecilli, abili o disabili, non dipende, certo, da affinità elettive, ma da imperscrutabili decisioni della Sorte, Dea bendata e senza cuore.
Marzia ha dimostrato di essere stata, e di essere, in grado di colmare ogni lacuna che la sorte le ha creato, come, in particolare, la funzionalità degli arti inferiori. Ella ha sopperito affidandosi ad una efficiente protesi, verso la quale ultima ha dimostrato un evidente apprezzamento al punto da ritenerla una Ferrari.
Questa rappresenta la prova che, tramite una volontà ferrea e decisa, è possibile tramutare una semplice sedia a rotelle elettronica in una FERRARI, essendo sufficiente metterle al volante un pilota che abbia le medesime caratteristiche tecniche di Marzia Latino e sia, per questo, in grado di partecipare a tutti i G.P. di F1, per la maggioranza delle volte molto impegnativi, che la vita costantemente organizza per ciascuno di noi.
Vai avanti così, Marzia, senza alcun timore. Da quanto hai scritto ho potuto dedurre che, alla fine, sarai tu a vincere la corsa, perché, fra l’altro, c’è sempre un secondo pilota, di nome GAETANO, pronto a darti il cambio